D’improvviso ho paura. Il mio appartamento è costituito soltanto da tre piccole stanze, e per abitudine cerco sempre di tenere il più possibile chiusa ogni porta che divide ognuna dall’altra. Se passo dal minuscolo ingresso per andare in cucina, per esempio, richiudo sempre l’uscio di legno alle mie spalle, come per una sorta di sicurezza, o per immaginarmi una maggiore distanza tra me e il mondo esterno. Ma la maggior parte del tempo che ho, e abitando da solo ne ho molto, lo trascorro nel mio salottino a leggere qualche buon libro, a sfogliare alcuni giornali, a pensare alle mille cose che spesso mi passano dentro la testa.
Poi ho sentito un rumore, non forte, ma come di qualcosa che venisse spostato sul pavimento, una sedia, un oggetto qualsiasi, però non fuori, sulle scale del condominio o in qualche appartamento vicino: quel qualcosa o qualcuno che produceva rumore era subito dietro alla porta del mio salotto, ne ero sicuro, proprio dentro all’appartamento che abito, tanto che ho provato il moto spontaneo di rifugiarmi sul fianco della libreria, di appiattirmi contro l’angolo del muro, oppure di accucciarmi nel piccolo spazio sotto al mio scrittoio.
Ho atteso qualche minuto in completo silenzio, evitando addirittura di respirare, immobile, e non sono riuscito a sentire nient’altro, come se tutto fosse piombato di nuovo nella normalità; così, movendo lentamente i miei piedi, lasciando strisciare silenziosamente le mie pantofole sul pavimento, sono arrivato vicino alla porta e mi sono appoggiato alla parete, dalla parte dei cardini, in modo tale che se qualcuno si fosse provato ad aprire ed entrare nella mia stanza, mi avrebbe concesso almeno il tempo per vedere chi era, o di provare a fare qualcosa, di difendermi, di non farmi sorprendere proprio come uno sciocco.
Poi ho sentito un altro rumore, uno scricchiolio leggero, quasi confuso, e mi ha dato l’impressione precisa di qualcuno che dietro alla porta si stava movendo con circospezione, come cercando di conservare l’effetto sorpresa nei miei confronti, e in quel momento la mia paura quasi paralizzante è tornata a mostrarsi con tutto il suo impeto. Sono rimasto lì fermo, ed ho lasciato che il tempo scorresse senza muovere un muscolo. Infine, dopo quasi mezz’ora in cui sono rimasto appoggiato in ascolto e con le mani che non volevano smetterla di tremolare, mi sono deciso ad appoggiare l’orecchio alla porta, e non ho sentito un bel niente, ma ho aspettato ancora altro tempo prima di spingere la maniglia ed aprire.
Nell’ingresso non c’era nessuno, giusto delle buste di vecchia corrispondenza che erano cadute da un mobiletto, ed una finestra che con ogni evidenza si era aperta col vento, ma questo non è stato per nulla sufficiente a togliermi quella maledetta paura: ho cercato di essere razionale, di dire a me stesso che non c’era proprio niente di cui preoccuparsi, eppure la paura sembrava ormai essere entrata dentro di me, come una componente con la quale avrei dovuto fare i conti da oggi in avanti. Per questo ho deciso per i giorni a venire di chiudere a chiave tutte le porte: non so cosa io possa aspettare dal mio futuro, però cercherò di non farmi cogliere impreparato, o almeno di rendere il più difficile possibile qualsiasi cosa, come un animale braccato privo di qualsiasi difesa, che riesce soltanto a nascondersi, ad infilarsi dentro alla tana, e ad attendere il peggio, ormai cosciente che qualcosa sicuramente accadrà.
Bruno Magnolfi
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