lunedì 21 novembre 2011

Alla scoperta di un piccolo mondo.



La febbre, accompagnata da un corollario di altri malesseri fastidiosissimi, mi aveva colpito all’improvviso in quella cittadina portuale a me completamente estranea e sconosciuta, costringendomi ad arrestare, almeno temporaneamente, quel lungo viaggio a cui cercavo di dar corso. Nella pensione dove avevo preso alloggio, la prima sera che ero giunto in quel luogo dopo due giorni di treno, una signora molto riservata mi aveva consegnato quanto mi serviva per passare la notte, compresa una cena leggera al piano terra dello stesso edificio, chiedendomi soltanto i dati dei miei documenti. Mi ero coricato portando nella mia stanza una tazza di una calda tisana, già avvertendo dentro di me la malattia che saliva, ed avevo sperato che tutto, con una buona dormita, sarebbe presto ritornato alla normalità.

Fuori dalla mia finestra, invece, l’alba seguente si era mostrata con un’aria lattiginosa e poco invitante, e le voci e i rumori nelle strade vicine mi avevano fatto sentire più solo e straniero di quanto lo fossi davvero. Tutti più tardi si erano mostrati gentili, per primo il medico accorso al mio capezzale, e anche se non comprendevo perfettamente la loro lingua, ugualmente dalle loro parole capivo lo sforzo per darmi conforto e alleviare i dolori. In un mare piatto e nebbioso, la mia nave aveva fatto sentire lungamente la sirena con la quale annunciava la sua partenza, ed io, con uno sforzo notevole, ero a malapena riuscito ad accostarmi alla finestra della pensione, giusto per vedere la bianca scia di vapore che lasciava sortire dai suoi camini, mentre con lentezza andava a prendere il largo.

La signora della pensione durante quel giorno era tornata molte volte ad informarsi sulle mie condizioni di salute, e fu premurosa e solerte nell’indurmi ad assumere le medicine prescritte e nel farmi preparare pasti adeguati, che mi tenessero in forze. Infine, dopo un numero imprecisato di giorni, iniziai a stare meglio. La mia nave non sarebbe tornata prima della settimana seguente, così, iniziando poco per volta ad uscire da quella pensione, almeno per brevi passeggiate, mi incuriosii di quel luogo, così particolare e incantevole.

In fondo ad una stradina nei pressi del porto, si apriva un locale alla buona, dove vecchi marinai passavano il tempo davanti a una birra. Andai lì per qualche serata, trovandomi perfettamente a mio agio ad ascoltare le storie di mare che tutti amavano raccontarmi. La signora della pensione continuava con le sue gentilezze nei miei confronti, ed io le presi un regalo importante per cercare di sdebitarmi del daffare che le avevo recato. Quando arrivò il momento di salire sulla mia nave, il dispiacere che provai nel lasciare quel luogo, fu quasi pari al senso di forzato che assumeva quel mio andarmene via: così, salutai tutti, ma con le lacrime agli occhi, e partii davvero, proprio come avevo previsto, ma non riuscii a dimenticare quel posto affacciato sul mare, e fu tanto prepotente quel mio pensiero, che al ritorno dal mio viaggio ripassai di nuovo da lì, trovando tutto esattamente come quando l’avevo lasciato, scoprendo che c’era persino chi aveva atteso con impazienza quel mio ritorno.

Bruno Magnolfi

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