Ciò che è accaduto, soltanto in minima parte somiglia a quello che avevo previsto, il resto è frutto dell’eventualità, del caso, di pura combinazione. Camminavo lungo le strade , cercavo quasi di carpire dall’aria i fondamentali della situazione, e intanto perseguivo la coerenza come elemento di peculiarità e distinzione. Un uomo mi aveva fermato, soltanto per avvertirmi di qualcosa che non andava al mio aspetto: assomigliavo, secondo lui, ad un individuo isolato, che aveva come perduto il senso della propria esistenza. Risposi in fretta, seccato, che era assolutamente vero il contrario, il mio girare in mezzo alla gente era soltanto la semplice ricerca confermativa di ciò in cui credevo.
L’altro, alle mie parole, aveva assunto una strana espressione, e abbassando lo sguardo aveva spiegato, secondo lui, che quello era un metodo assolutamente sbagliato: sarei rimasto persuaso delle mie idee in ogni caso, e anzi, avrei rafforzato così ogni mia convinzione, anche se ognuna di loro fosse stata assurda e irreale. Questo ragionamento mi aveva lasciato perplesso, e proseguendo avevo chiesto all’uomo di accompagnarmi in un caffè poco distante, in modo da spiegarmi con calma tutto il suo punto di vista.
Ci eravamo scambiati, là dentro, seduti ad un tavolino, moltissime idee e convinzioni, ma le cose, a dire la verità, erano andate un po’ per le lunghe, e quando eravamo usciti da quel locale, dopo avere bevuto diversi bicchierini di acquavite, era tardi, e le strade erano quasi deserte. Mi ero subito offerto di accompagnarlo fino a casa, giusto naturalmente per terminare gli ultimi discorsi che avevamo da fare, ma quando si era giunti nella via dove lui abitava, mi era parso subito che gli argomenti che avevamo toccato fossero tutti rimasti nell’aria, da completare, come se ancora moltissimi aspetti fossero ancora da prendere del tutto in esame.
Mi innervosii terribilmente della sua caparbietà nel voler ritirarsi lasciandomi lì, fino a spingermi addirittura ad offenderlo, pur di smuovere la sua voglia di completezza che senz’altro provava, ma non ci fu niente da fare. Maledetto, allora gli dissi, lei è una persona impossibile, che neppure crede in ciò di cui parla, un insulso, insomma, indegno di considerarsi un uomo davvero. Non so cosa di preciso accadde in quel preciso momento, sicuramente non riuscii a conservare la calma necessaria, qualcosa si rimescolò al mio interno, e allora presi una pietra e lo colpii sulla testa, lasciandolo a terra, forse morto.
Immediatamente fuggii, probabilmente nessuno mi aveva notato, il sangue mi bolliva all’interno, ero preda di una febbre pazzesca. Raggiunsi velocemente il mio appartamento e mi chiusi a chiave nella mia camera, dove rimasi per un numero imprecisato di giorni, preda di un delirio quasi costante, accettando soltanto del tè e restando da solo per tutto il periodo. Poi, poco per volta, riuscii a scrollarmi di dosso quei forti malesseri, fui capace di riprendere lentamente la mia vita normale, e di ricominciare a pensare le cose quasi come avevo fatto fino ad allora. Non mi importava niente di ciò che era accaduto, non mi interessava per nulla il passato, con tutto ciò che questo pareva comportare: adesso era il futuro il luogo di ogni mia riflessione, nient’altro.
Bruno Magnolfi
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