Non sono per niente capace a sbrigarmela con i problemi che si incontra ogni giorno. Esco di casa, cammino per le solite strade, e mi sembra che tutto sia ostile, come se un’asprezza di fondo affinasse una specificità nei miei confronti. Così sono sempre nervoso, teso, pronto a reagire, a dibattermi all’interno di questa realtà, per cercare una soluzione il più immediata possibile, nei confronti dei problemi che mi trovo di fronte.
La mia vicina di casa è una vecchia curiosa che fuma una sigaretta dietro quell’altra, e se ne sta sulla porta del suo appartamento proprio per farsi gli affari del vicinato. Mi è insopportabile, neppure riesco a salutarla, tanto gradirei non trovarmela lì, su quel pianerottolo, quando rientro. Ma lei aspira una boccata di fumo e dice qualcosa con quella maniera di chi la sa tutta, e per questo motivo è capace di prenderti in giro e di ridere dietro ai tuoi affanni.
Io neanche la guardo, tiro fuori la chiave di casa quando ritorno, e apro in fretta la porta, ma a lei non le basta, e così dice subito alle mie spalle: abbiamo fatto più tardi stasera; oppure: stamattina abbiamo dimenticato la lampada accesa nel corridoio, si vedeva, da sopra la soglia, un filo di luce. Io non dico niente, lascio che parli di quello che vuole, con quella maniera impersonale di riferirsi, come a voler segnalare che lei si accorge di tutto, ma che è pronta a tollerare ogni cosa, sempre che non le si faccia dei torti. Perciò la sopporto, ma certe volte sento di raggiungere il limite.
Così quando mi muovo per casa cerco di non fare troppo rumore, perché immagino che quella vecchia sia pronta a seguire con l’orecchio i miei movimenti, a immaginare cosa io stia facendo e cose del genere. Un giorno esco, chiudo la porta e lei è lì, come al solito, mentre sta tranquillamente fumando. Mi avvicino a lei, la spingo con forza per una spalla e la faccio cadere per terra. Lei inizia ad urlare ed io me ne vado. Quando torno è ancora lì, che mi aspetta. Dice: se provi a toccarmi solo un’altra volta, io ti denuncio. Mi guarda con gli occhi cattivi, di chi lo farebbe davvero. Io non rispondo, apro la porta e rientro.
Oggi non c’era, la sua porta era accostata, così le ho bussato, e quando è arrivata ho detto a voce bassa, senza perifrasi, che se lei mi dice ancora qualcosa l’ammazzo. Le ho parlato con lo sguardo serio e cattivo di chi è perfettamente convinto di quello che dice; lei mi ha osservato con la faccia un po’ spaventata, si è portata alla bocca tremante una delle sue sigarette e l’ha accesa. Con calma mi sono mosso, ho sceso le scale, e prima di arrivare alla fine, mi sono lasciato andare ad una risata sonora, esagerata, quasi da pazzo. Per strada, la serata mi è parsa migliore.
Bruno Magnolfi
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