giovedì 13 marzo 2014

Bisogno di vento.


Il vento muove gli alberi, Piero resta seduto su una vecchia panchina di legno, nel sole pomeridiano. Se n’è andato da casa, ha detto semplicemente alla sua compagna che sente il bisogno di un periodo di riflessione, e così ha lasciato per qualche giorno la sua famiglia con il bambino ancora piccolo, che non può comprendere minimamente la sua assenza, e si è rifugiato lì, senza neppure sapere adesso cosa sia meglio fare. Quella casa di campagna che gli ha prestato un amico è bella però poco confortevole, ma questo fatto forse adesso non ha alcuna importanza, Piero non sente alcuna voglia di tirare avanti come ha fatto fino ad oggi: non riesce a vedere il domani, non riesce a comprendere neppure cosa dovrebbe fare, quali scelte introdurre nelle sue giornate.
Si guarda attorno, Piero, cerca ispirazione nella natura verde dell’erba, dei cespugli, dei fiori spontanei; ha già passeggiato a lungo per i viottoli, costeggiando i fossati che delimitano qualche campo coltivato, ed ha incontrato qualcuno che naturalmente non conosceva, salutandolo da lontano, come pensa si faccia in luoghi come questi. Si sente fuori posto, questo è sicuro, però ammira tutto ciò che fa parte di località come queste. La sua intenzione è quella di perdersi completamente nell’entusiasmo che gli genera la campagna, ma anche nel prendersi cura di sé, nell’accarezzare qualsiasi pensiero gli passi dentro la mente, e dedicarsi alle piccole attività quotidiane che qui, più che in qualsiasi altro luogo, si mostrano del tutto necessarie.
Rientra dentro l’abitazione, Piero, assapora il fresco dei muri di pietra, si versa un bicchiere d’acqua dalla caraffa, infine si siede presso il grande tavolo della cucina. Ha il telefono portatile con sé, in qualsiasi momento potrebbe interrompere quella sospensione che sta vivendo. Poi si alza, gli è venuta voglia di farsi del tè, ne trova nella dispensa, mette l’acqua nel bollitore, accende il fuoco, prepara la tazza, il filtro, tutto quanto gli serve. Torna a sedersi, ma si sente nervoso, è come se avesse bisogno di decidere qualcosa urgentemente, senza mettere altro tempo di mezzo. Guarda fuori dalla finestra i pochi alberi attorno alla casa, gli sembrano soli nel vento, privi di qualsiasi possibilità per sentirsi in altra maniera.
Torna a sedersi, Piero, prende una matita, um foglio di carta: il pensiero di suo figlio che probabilmente si chiede dove lui sia, lo prende quasi come dentro una morsa. Scrive qualcosa che vorrà leggere in seguito a lui e alla sua compagna, qualche parola che indichi la sua sofferenza, il suo stato di incertezza completa, ma tira più di una volta una riga sulle parole che scrive, e infine accartoccia tutto quanto, gettando via ogni pensiero.
Infine si alza, Piero, il sibilo del bollitore lo chiama, va verso il fornello, toglie l’acqua dal fuoco, ma prima di spengere la fiamma la sciarpa che ancora tiene al collo si incendia in un attimo. È solo un momento, lui schizza verso l’acquaio, si getta addosso la caraffa d’acqua lì accanto,  si strappa i vestiti di dosso, corre ad aprire la finestra, che il vento porti via in fretta l’odore acre di stoffa bruciata. Respira, Piero, a pieni polmoni, poi compone il numero di telefono: aiuto, dice affannoso alla sua compagna; ho bisogno di voi.
Bruno Magnolfi

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