Qualcuno poi mi parla di sé, delle difficoltà che ha avuto ultimamente con la salute o con gli affari, ed io annuisco, lascio che le cose si spieghino da sole, restino su un piano comune sul quale tutti ci sentiamo coinvolti e dalla stessa parte. Osservo i gesti di chi parla, le sue espressioni nel definire il sopruso della burocrazia sul cittadino, o la sfortuna per essere incappato in una situazione ai limiti del concepibile. Mi aspetto sempre che qualcosa in tutto questo travalichi la normalità, che mi si chieda un impegno certo, immediato, costruttivo.
Guardo qualcosa più avanti sulla strada: penso che oltre la manciata di parole che ci siamo scambiati sopra questo marciapiede non possiamo fare altro, è ben evidente. Comprendo l’afflizione dalla quale ci si può sentire preda in certi casi, ma è impossibile cambiare delle semplici regole più che definite: ognuno può parlare con tutti quanti di sé e delle proprie disgrazie, può farlo fino anche alla nausea, ma è da solo quando si tratta di affrontarle nel concreto. Proseguo a camminare e sono contento che nessuno oggi mi abbia chiesto soldi o persino parte del mio tempo: non si può approfittare di una conoscenza o di una amicizia per cose del genere, è bene che chiunque se lo metta bene in testa. Per questo vorrei ringraziare ognuna delle persone che ho incontrato, ringraziare tutti coloro che non hanno avuto il cattivo gusto di chiedermi qualcosa: il tempo era bello anche quest’oggi, ho pensato sorridendo, cosa mai dovremo chiedere di più?
Bruno Magnolfi
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