lunedì 18 marzo 2013

Coscienza sociale.

           
            I termosifoni sono appena tiepidi, rifletto, eppure fuori il freddo è pungente, ci sarebbe bisogno di una temperatura più alta per stare bene in queste mie stanze d’affitto. Giro per casa con un grosso maglione sopra le spalle, mi sposto con difficoltà perdendomi in nulla, ho i brividi, avrei voglia di sdraiarmi nel letto vestito come sono, raggomitolandomi sotto alle coperte alla ricerca di quel caldo e quella concentrazione che adesso mi mancano.
            Potrei uscire, andarmi a rinchiudere in un cinema e distrarmi. Poi penso che il mio dovere sia quello di starmene qui a cercare almeno di mettere insieme un programma per il mio futuro. Certe volte immagino di essere arrivato al culmine di tutto, più avanti di così non posso spingermi, ci vorrebbe un’occasione, un piccolo aiuto del caso o della fortuna, per uscire da questa fase.
            Sento bussare alla porta, è la signora che abita nell’altro appartamento sul pianerottolo, mi viene a chiedere come stia, se abbia bisogno di qualcosa. No, è tutto a posto, non deve preoccuparsi, le dico. Forse dovrei partire, proseguo; andarmene da qui, imbarcarmi per un lungo viaggio che serva a dimenticare tutto questo. Ha sempre voglia di scherzare, fa lei, dove vuole andare con la sua salute cagionevole, alla sua età.
            Forse ha ragione, sussurro, ma che cosa vuole che importi tutto questo: voglio andarmene, questo è ciò che conta più di ogni altra cosa. Va bene, va bene, fa la signora, vuole intanto che le porti un po’ di minestra calda? Faccio segno di si con la testa, lei mi sistema la tavola, io intanto mi siedo. Se non fosse per questo freddo che sento, rifletto tra me, sarebbe tutto più semplice, le cose apparirebbero sotto una luce senz’altro differente.
            La signora esce, ed io all’improvviso mi sento un pezzente ridotto ai minimi termini. Quando torna sento di aver preso una decisione importante dentro di me: tra un mese da oggi le cose dovranno andare in un’altra maniera, dovrò impegnarmi per un cambiamento radicale delle mie giornate. La signora mi spiega che fuori è in corso un assembramento non so in quale piazza, dicono tutti che le cose cambieranno tra breve.
            Ingoio lentamente un cucchiaio di minestra, la gola scaldata mi rinfranca, penso che anche io vorrei far parte di quella spinta verso un grande cambiamento, perciò mi spingerò fuori, con gli altri, prenderò parte alla vita sociale di questa città, fino a dimenticarmi dei miei piccoli guai, di questo freddo che continua ad attanagliarmi: fingerò di non sentirlo, forse, semplicemente, come se il clima fosse cambiato davvero, ancora prima che sia giunta la bella stagione e che si sia fuori davvero da questo inverno terribile.
            Mi sento la testa pesante, la signora prende il piatto ormai vuoto, dice che se ne va, se ho bisogno di qualcosa le devo bussare alla porta. Va bene, dico, la ringrazio. Poi mi alzo da tavola, vado a guardare dalla finestra lo spicchio di strada qua sotto: non c’è nessuno, chissà dove sono tutte le persone. Voglio uscire, penso ancora, andare a cercare la gente. Infine entro nella mia piccola camera, scosto le coperte del letto e mi corico: mi basta mezz’ora, penso, un’ora al massimo; poi sarò pronto, mi unirò agli altri, farò la mia parte, nessuno avrà niente da dire.
            Bruno Magnolfi

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