Osservo da
lontano la lunga fila di luci accese da poco sul litorale, in un’altra
zona del golfo, e la sensazione visiva dell’esistenza di persone che si
muovono, che stanno organizzando la loro serata, che magari in questo
esatto momento si stanno già preparando per andarsene a cena,
all’improvviso mi fa sentire tranquilla. E’ trascorso soltanto un anno
da quando sono partita da questo luogo di mare e di villeggiatura a cui
mi sento così intimamente legata, eppure non so perché mi sembra sia
trascorso molto più tempo. Non è accaduto niente di fondamentale da
allora, ma questo alla fine non ha troppa importanza, perché in fondo
penso che le cose siano comunque andate avanti, ed anche le variazioni
più impercettibili, quelle che certe volte davvero neppure si notano,
spesso vadano apprezzate come fossero vere piccole rivoluzioni globali.
Ho preso
una camera nel medesimo albergo di un anno fa, ed un paio di persone mi
hanno salutata con un certo calore riconoscendomi. Da qui riesco ancora a
pensare intensamente a mia madre, al ricordo dei suoi silenzi
apparenti, in realtà pieni di voce e di parole, mentre proseguo a
camminare sul marciapiede della strada costiera. Credo proprio però che i
miei sforzi interpretativi dei segni che conservo di lei, debbano
adesso interrompersi, prima che il mio comportamento diventi una vera
patologia; e credo proprio che la cosa migliore sia che tutto questo
avvenga proprio qui, dove il suo sottile soffiarmi la verità in un
orecchio, mi ha fatto scoprire tanto di lei e di me.
Chissà
dove sarà a quest’ora quella nave petroliera che l’estate passata era
rimasta ancorata per giorni laggiù, vicino all’orizzonte, penso
all’improvviso, quasi alla ricerca di un legame che adesso non c’è più.
Forse queste cose hanno un suo tempo per esplicarsi, per chiarire
qualcosa di sé; poi diventa inutile, addirittura dannoso cercarne ancora
un aggiornamento: resta soltanto un filo di memoria, che non può essere
né esatta né riduttiva, ma anzi, per certi versi può risultare capace
di rendere tutto quanto nella nostra mente ancora più magico e ricco.
Poi
interrompo il cammino, mi volto lungo la strada e alla fine torno quasi
frettolosamente verso la mia camera d’albergo. Probabilmente ho già
visto tutto ciò che desideravo vedere, ho preso le decisioni che avevo
da prendere, non ho necessità di spingermi ancora più avanti: dormirò in
questo letto stanotte, domani mattina poi partirò, credo non abbia
alcun senso trattenersi ancora in questi paraggi. Però vorrei lasciare
qualcosa di me in questo luogo che tante cose, senza volerle, ha
lasciato a me con grande naturalezza. C’è una candela bianca su un
tavolinetto della mia camera: l’accendo, attendo con pazienza che la
fiamma sia ben definita, che lasci fondere quel poco di cera che serve,
poi la sollevo.
La prendo,
mi sposto, mi accosto allo specchio ovale incorniciato sulla parete, e
avvicino il mio viso a quella superficie illuminata dalla fiammella;
ecco, penso, adesso non sono più quella bionda che la mia stessa
esistenza sembrava avermi voluto far essere, ho lasciato negli ultimi
tempi che i miei capelli perdessero il colore delle tinture e
riprendessero il loro tono naturale. Mi guardo ancora un momento,
sostengo non calma la candela tra me e questo specchio, e infine, quasi
con gli occhi chiusi, spengo la fiamma con un forte sbuffo di fiato. La
cera calda spruzzata sopra lo specchio sarà la mia firma, il mio piccolo
soffio di vita, tutto il ricordo di me e di questo passato, per quanto
non possa resistere a lungo; e comunque il mio grazie a questo luogo di
mare.
Bruno Magnolfi
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