venerdì 11 febbraio 2011

Progetto ideale.



Alberto resta seduto su una panchina ad osservare il traffico lungo il viale di fronte a sé. Poco distante c’è un grande palazzo di uffici inaugurato da poco, lui ne osserva la grande facciata alla sua destra, ed elenca con gli occhi la fila di alberi identici che costeggiano il largo marciapiede, chiara dimostrazione di quanto importante sia riqualificare tutto il quartiere. Non c’è niente di una qualche rilevanza che stia avvenendo là attorno, eppure un forte senso di modernità traspare da tutto l’arredamento urbano che è posto in opera: Alberto si alza, cammina senza fretta, incontra altri passanti più o meno come lui.

Il cielo, in alto sopra ai palazzi, lascia transitare nuvole sottili e lattiginose, dimostrando il lento trascorrere della giornata, il resto è formato soltanto da una complessa struttura di manufatti che caratterizzano semplicemente quella parte della città. All’angolo Alberto si ferma, attende che alcune persone lo sfiorino, infine si volta, e immagina quali dovrebbero essere i pensieri e i suoi comportamenti per essere totalmente integrato in una situazione del genere. Su un fianco della strada si apre una fila di negozi: potrebbe entrare, scegliere qualcosa, acquistare una sciarpa o una radio elettronica, ad esempio, poi, con la sua busta in mano, sentirsi assolutamente a suo agio.

Sorride all’idea, e quasi con indifferenza entra in un caffè luminoso, si accosta al bancone, si lascia servire un aperitivo. Altri scherzano tra loro, sembrano perfettamente integrati nel quadro d’insieme, e per un attimo lui ne prova un’invidia leggera. Quando torna ad uscire sul marciapiede, gli pare di aver fatto un piccolo passo, e quel poco di alcool che ha bevuto lo fa sentire più allegro, più rilassato. Avanza la sera, le auto accendono i fari e i lampioni stradali mostrano lunghe prospettive, fingendo di spingere all’infinito le linee regolari che disegnano in aria.

Non c’è niente di significativo, gli pare, lui si sente ancora una persona qualsiasi disegnata da un architetto per la presentazione di quel progetto: che tenga le mani dentro alle tasche o abbia più fretta di altri non ha alcuna importanza. Si sente perduto, Alberto, non riesce a provare alcun sentimento, continua a guardare attorno a sé e immagina di scorrere, lungo quei bei marciapiedi, come una goccia d’acqua su un piano liscio e inclinato. Non c’è colpa, pensa tra sé, non si può certo immaginare tutto, quando si pensa qualcosa: sicuramente le città sono a misura di uomo e di donna, si tratta di trovare la giusta lunghezza d’onda per sentirsi immersi dentro agli ambienti, in mezzo alle case e alle strade.

Infine cerca di immaginare la sua abitazione ideale in quel quartiere, così pensa a stanze luminose, calde e accoglienti, proprio lì accanto, all’ultimo piano di un bel palazzo, e nei suoi pensieri si vede rilassato in una poltrona, impegnato a leggere qualcosa. Poi si alza, Alberto, spenge le luci, torna ad uscire di casa, e mentre scende lentamente le scale per raggiungere il parcheggio dove ha lasciato la sua auto, pensa con un sorriso che non dovrà inserire nient’altro nel suo progetto di arredo urbano: sarà la gente a costituirne il senso, tutte quelle persone che giorno per giorno prenderanno un pezzo di quell’insieme e ne faranno così un elemento proprio, modellato con la propria esistenza.

Bruno Magnolfi

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