mercoledì 25 maggio 2011

Da questo momento esatto in poi




Sei tu che stai sbagliando, aveva detto lei con un lieve ironico sorriso sulla bocca, riponendo contemporaneamente sopra al vassoio i bicchieri in cui loro due avevano sorseggiato quasi in silenzio e con molta calma un meraviglioso aperitivo costituito da succo d’arancia, vino bianco ed una leggera spolverata di cannella. Ogni volta che si parla di qualcosa che ti interessa tendi a rimanere regolarmente sulle tue posizioni, e diventa talmente difficile smontare quelle tue convinzioni che viene voglia di evitarle, di lasciare che i tuoi costrutti da egocentrico proseguano il loro destino, anche se non si intravede neppure una logica che li sorregga.

Lui aveva fatto una smorfia guardando a terra come preso dalla riflessione che quelle parole probabilmente gli imponevano, forse avrebbe addirittura avuto voglia di un ulteriore sorso di quell’aperitivo servito proprio alla temperatura giusta, ma non disse niente, limitandosi a registrare dentro di sé che il suo bicchiere era ormai vuoto. Non gli pareva il caso di replicare a quelle parole, non ne avrebbe neppure intravisto il senso, preferiva ignorarle, come sempre, così si limitò a cambiare argomento, giusto per dire in modo molto garbato: ceniamo in giardino, questa sera? La serata sembra perfetta, e poi non soffia neanche un filo di quella brezza che generalmente riesce a innervosirti.

Lei, in piedi, lo aveva osservato per un attimo, velocemente aveva portato via i bicchieri con il vassoio, poi era tornata, soffermandosi un momento, pensierosa. Si, aveva risposto; anche se rimane evidente il tuo errore, disse voltandosi verso la posizione in cui lui era rimasto: credi spesso che non possono riuscire ad esistere due opinioni differenti su un medesimo argomento, e questo è un tuo problema culturale, di impostazione esistenziale. Dici di no e conservi la tua posizione fino alla nausea, neppure rendendoti conto che in questo modo si va a porre spesso un contenzioso puramente tecnico.

Lui aveva sorriso sollevandosi dalla sua poltrona, aveva velocemente intercettato le braccia abbandonate di lei e le aveva accarezzate, come a cercare un compromesso su tutta la questione. Poi le aveva sfiorato il viso con le labbra, ma la freddezza di lei lo aveva portato quasi subito a desistere da quei suoi vezzi. Dopo si era voltato verso il tavolo, si era acceso lentamente una sigaretta, infine aveva detto: forse hai ragione, intorno a tutte le cose a cui tengo non riesco ad avere un’opinione differente da quella che il tempo mi ha fatto maturare; sono convinto dei miei pensieri, perciò non vedo la possibilità di dover riflettere in un altro modo. Però ti ho ascoltato, ed ho capito che anche tu hai pensato molto in questi ultimi tempi al nostro futuro.

Lei era tornata a sedersi senza averne voglia, aveva guardato nel folto degli alberi perimetrali che a quell’ora tendeva velocemente a scurire, come cercando qualcosa che non c’era, si era voltata verso di lui, lo aveva guardato per un attimo come prendendo tempo e alla fine aveva detto: deciderò io, allora, per tutti e due; tu non riesci ad avere chiaro a quale punto ormai ci siamo spinti; dobbiamo cambiare, velocemente, non si può più restare qui a guardare la nostra vita che scorre, senza fare niente.

Bruno Magnolfi

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