giovedì 25 aprile 2013

Incomprensibile. 2.


La vecchia corriera ogni volta che intercetta una buca pur piccola nel tragitto che compiono le sue grosse ruote di gomma rotolando sopra l’asfalto, ha una vibrazione rumorosa di vetri e ferraglia, quasi un lamento stridente. Lei siede apparentemente tranquilla sul sedile della vettura, e segue con convinzione la successione dei propri piccoli gesti abitudinari di ogni giornata. Quasi come un automa, inizialmente da sola, ha atteso nell’aria buia vicino alla fermata a poche centinaia di metri da casa, quel mezzo che ogni mattina in un’ora la traghetta fino al suo posto di lavoro, senza però, anche in quel caso, che i suoi pensieri si siano minimamente messi a disposizione di ciò che stava effettivamente compiendo. La sua mente generalmente in quegli attimi si astrae completamente dalla realtà, e anche se lei prosegue a compiere tutti quei gesti che servono, perfino dare il buongiorno al signor Dani, a cui poi non rivolge praticamente più la parola per tutto il resto del viaggio, lei è quasi come se non fosse presente, anzi quasi fosse molto distante, persa tra una massa di pensieri persino inspiegabili agli altri.
Che cosa importa, riflette lei in certi casi, tutto questo monotono completare un percorso sempre identico, quasi come non esistesse nessuna diversa possibilità. Ogni aspetto reale è sacrificio, piegare la testa a certe cose che poi sono la vita, l’esistenza vera e corrente; perché non c’è nient’altro nascosto da qualche parte, niente che possa raccogliere tutto questo e darne una forma diversa, se non il pensiero, la riflessione continua che modifica l’insieme, ne produce qualcosa di differente, compiendo un miracolo semplice, praticamente alla portata di tutti.  Lei certe volte prende un appunto delle sue riflessioni, scrivendolo in fretta su un quaderno scolastico che porta nella borsetta sempre con sé. La sua calligrafia risulta minuta, composta da pochi segni, non per essere incomprensibile agli altri, quanto per racchiudere in poco un insieme il più possibile vasto. E lei ne è orgogliosa di quelle sue pagine, quasi fossero un parziale compendio dei suoi giorni veri, quelli che scorrono praticamente sotto agli occhi di tutti, senza che tutti riescano forse a comprenderne il senso.
Se qualcuno le parla lei ascolta, spesso con grande interesse, ma quasi sempre non riesce a trarre dalle cose che sente un’opinione precisa. Pare come se qualcosa non le permettesse di farlo, come se non comprendesse addirittura gli aspetti più semplici di quanto le viene spiegato. Per questo non capisce neppure le parole che il signor Dani le dice, la mattina quando lo incontra come sempre alla fermata della corriera. Lui dice qualcosa con un tono diverso dal suo buongiorno di sempre, qualcosa che lei non ha mai sentito, ed usa termini che sono fortemente volgari, insinuanti, del tutto diversi dall’immagine che lei se ne è fatta in tutti questi anni. Non dà peso a niente, resta semplicemente in silenzio, abbassa la testa, forse sorride per rompere l’imbarazzo che prova, e compie in questa maniera il suo errore più grande.
            E’ il giorno seguente che infine tutto si compie, quando il signor Dani con fare concitato la invita a salire sulla sua auto, poco prima dell’arrivo della corriera, per una cosa che dice essere molto, molto importante. Lei, presa così di soprassalto, accondiscende, forse senza neppure pensare, e quasi non si ribella di fronte alle sue mani che la toccano dappertutto, cerca soltanto di fermarlo, certamente, ma senza usare neppure maniere forti; e resta praticamente in silenzio, quel fortissimo silenzio che adesso avverte, che conosce e riconosce soltanto quando si trova di fronte a qualcosa che per lei è così incomprensibile. E basta.

            Bruno Magnolfi

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