Sto seduto, come sempre, rilassato, cerco di non pensare niente che distolga il mio stato, immaginando che qualsiasi preoccupazione, pur piccola tra tutte quelle che possono nascere nella mia mente, corrompa in modo definitivo, disperdendolo successivamente in mille altre cose, il mio sentirmi bene in modo assoluto. Non c’è niente di male nell’aspirare a starsene così, penso, il tempo scorre con lentezza in maniera graduale, senza acuire alcun aspetto del suo ordinario fuggirsene via, tutto sembra perfettamente in ordine, senza salti e frizioni, e i rumori pacati del giorno coronano in modo adeguato questa quasi completa serenità.
Eppure, nonostante i miei auspici, sento sopraggiungere qualcosa che rapidamente mi distoglie dalla mia situazione, mi trasporta con facilità in direzione della vita sociale, forse semplice curiosità verso gli altri, penso, oppure bisogno di sapere cosa stia accadendo intorno al mio modo di essere, avere coscienza che il mondo si muove, pur senza il mio contributo. Mi alzo, raggiungo la finestra, osservo la vita ordinaria lungo la strada, il solito procedere di qualche automobile, qualche passante a piedi che si sofferma a scambiare due parole con dei conoscenti, alcuni ciclisti che arrancano in mezzo ai gas e alle polveri cittadine.
Guardare gli altri è come scoprire delle interferenze che agiscono in qualche maniera dentro di me: forse dovrei tornare a sedermi, penso, disinteressarmi di tutto, ma ormai è tardi, il corso delle cose è segnato, così prendo la giacca ed esco. Giro a caso per il mio quartiere, proseguo ad osservare le figure e i personaggi che si muovono dentro al mio campo visivo, infine incontro un uomo che mi ferma, mi spiega con poche parole che ha perso da tempo la sua legittima tranquillità, non riesce più neanche a dormire in maniera adeguata, e che non sa darsi pace per questo, vorrebbe tornare alla sua condizione precedente, ma ormai gli sembra impossibile. Dice che tutto è monotonia, le cose secondo lui riescono soltanto a ripetersi, eppure i minimi spostamenti che avvengono ogni giorno, diventano nella sua testa cataclismi cosmici tramite i quali persino le leggi basilari della natura sembrano a volte del tutto stravolte.
Annuisco, dovremo aiutarci, dico in piena sincerità, se non altro per sentirci maggiormente sostenuti in questi pensieri che proseguono a circolare nelle nostre povere menti. Lui torna a osservarmi, forse è addirittura sorpreso dalle mie parole di solidarietà, ma non riesce a dare un giudizio, e infine mi saluta, mi convince che deve tornarsene a casa, e che devo fare lo stesso anche io, è l’unica cosa buona che per oggi possiamo permetterci, dice con enfasi. Invece io, senza di lui, rimango a girare lungo le strade, a camminare in questo quartiere, peraltro senza riuscire a prendere una qualsiasi decisione: non accadrà niente, penso alla fine; oppure tutto diverrà diverso poco per volta, non ci vuole poi molto, in fondo la realtà è destinata a cambiare, anche se a volte sembra il contrario. Sarà così, penso ancora, le minime cose sovvertiranno le grandi, e probabilmente non riusciremo neanche a scoprire come mai tutto questo sia potuto succedere: devo convincermi, rifletto, sarà questa davvero l’unica cosa da fare.
Bruno Magnolfi
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