giovedì 17 maggio 2012

Scena n. 24. Attorno ad una parola.



Non credo sia molto importante tutto questo, aveva detto il personaggio principale del dramma teatrale, restando fermo sulle assi del palco e riferendosi in maniera pacata ma decisa all’attor giovane che continuava a cercare di mettersi in mostra, a farsi riconoscere per apparenza, e non per i significati delle parole e del suo recitare. La donna aveva osservato tutti i protagonisti di quella scena, e le era parso a tratti di essere quasi fuori luogo in quella commedia, continuando a consultare sul suo brogliaccio le parole e gli accenti che costituivano la sua parte e le sue battute, senza però trovare quasi più niente che collimasse davvero col resto. Le sembrava come di sortire, lei in misura persino maggiore degli altri, da un buio perenne di mancanza di senso in quel nuovo testo, e pur recitando con determinazione, le sue battute le parevano a tratti persino fuori dal tema principale. Il regista dava l’impressione di disinteressarsi di tutto, anzi, si sarebbe potuto dire di lui che stava riponendo piena e cieca fiducia in ciò che sarebbe riuscito ad elaborare per proprio conto il primo attore della commedia, come se questo bastasse a mettere in piedi un lavoro del genere.

Poi si era formato un pesante silenzio che doveva essere rotto da una delle battute principali a cui girava attorno tutto quel testo teatrale, ma la donna, che doveva recitarla con forza, con determinazione, quasi con slancio, pareva prendere tempo, allungare persino troppo la pausa, tanto che tutti si erano girati verso di lei, in attesa di quelle benedette parole. Infine, usando un tono quasi monocorde, lei aveva pronunciato, semplicemente: saremo qui ancora domani, usando appena un filo di voce, incredula persino lei di ciò che andava affermando, e l’attor giovane, quasi per una reazione istintiva, si era lasciato sfuggire una breve e leggera risata, quasi che la sua incompetenza del mondo lo portasse a sbeffeggiare addirittura ciò che non comprendeva. Il personaggio principale, al contrario, aveva guardato con una certa gravità il regista seduto nella prima fila dentro al teatro, ma aveva accettato da lui quel chiaro invito, espresso con un semplice gesto della sua mano sapiente, a proseguire con le parole che erano scritte sopra al copione, e infine aveva detto, ma forse anche lui senza una gran convinzione: tutto accade stasera; non c’è da pensare al futuro.

Era questa la parola fino ad allora mancante dal testo, quella a cui si era girato attorno in vari momenti senza mai arrivare a citarla, tanto da sottintenderla e basta, a sublimarla, così, in un significato soffuso e impreciso. Un brivido aveva percorso gli attori, che improvvisamente si trovavano sopra quel palco che pareva loro sempre più instabile, come se continuassero a cercare di ballare mentre la nave stava quasi affondando, forse senza la coscienza esatta di ciò che stava davvero per accadere. Il regista allora aveva deciso di sospendere la prova, alzandosi in piedi come per andarsene e senza preoccuparsi di altro. Lo scenografo invece era rimasto seduto, senza però decidersi a niente: nessuno aveva voglia di dire qualcosa, la parola futuro rimbombava ancora tra i palchetti vuoti e la platea deserta di tutto il teatro, e pareva quasi che il pubblico, assente al momento di quella prova, avesse già un’idea precisa per la conclusione di quella commedia; qualcuno tra gli addetti ai lavori pareva provarne quasi paura; ma poi ognuno si era velocemente calato di nuovo nel proprio compito, conservando la personalità di appartenenza, rifugiandosi all’interno del proprio ruolo, e infine, con un certo sussiego, abbandonando lentamente e senza farsi notare il palco e la sala.

Bruno Magnolfi

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