martedì 7 maggio 2013

Memoria del niente.


           

            
            Quasi ogni giorno vengo qui, ad osservare questo pezzo di terra dopo le ultime case del mio paese. Non c’è niente di particolare qui: gli alberi rimangono in fondo, dove inizia il bosco, il muretto di pietre costeggia la strada da dove non passa nessuno; e questo campo incolto, abbandonato da chissà quanti decenni, dove qualche volta un pastore della zona spinge una ventina di pecore a brucare l’erba, mostra soltanto la pace e la calma del niente.
            Torno indietro, rientro in paese, saluto qualcuno, raggiungo la piccola piazza ed entro dentro al caffè, a perdere un po’ di tempo e bere una birra. Qualcuno mi ha detto che è stato acquistato quel pezzo di terra, gente che non si conosce, un altro si chiede chissà cosa faranno. E’ solo un pezzo di terra, dico alle persone che conosco di più, non si può farne molte cose, forse costruirci un capannone, oppure villette a schiera, o farci una serra per coltivazioni intensive.
            Così tutti i giorni torno a vedere se qualcosa è accaduto, se siano arrivate le ruspe, le gru, gli operai, a cambiare l’immagine di tutta la zona. Non me ne importa moltissimo, non si può essere nostalgici di tutto, addirittura per quello che non è ancora accaduto, ma in ogni caso mi pare quasi ci sia qualcosa di me in quel pezzo di terra, e vorrei tanto non gli succedesse niente di brutto.
            Mi siedo sopra una pietra, aspetto qualcosa, come se le mie stesse giornate dipendessero soltanto da quanto forse è già stato deciso. Le ortiche e i papaveri continuano a crescere su quel pezzo di terra, ed io mi sento con loro, con quella maniera casuale e distaccata che hanno le piante spontanee di uscire fuori da una parte o dall’altra. Poi, qualcuno che sa, mi tocca una spalla, mi dice che non accadrà proprio un bel niente, nessuno ha intenzione di fare nulla in quel luogo, se non lasciare le cose così come stanno.
            Mi sento quasi deluso, torno al caffè, sulla piazza, saluto qualcuno e mi faccio servire una birra: siete soltanto paurosi, dico a tutti i presenti; non sapete affrontare le cose. Vi basta non mettervi mai in discussione, o che qualcuno non venga a togliervi le vostre abitudini. Io sono pronto, al contrario di voi, ad ogni variazione possibile. Perciò cerco di conservare un atteggiamento vigile e critico, che non significa semplicemente far niente, bensì un comportamento che tenga conto di quanto possa accadere, se mai accadrà, e di guardare le cose col valore che hanno nel tempo, perché tutto è destinato a cambiare, questo caffè, questo paese, noi e le nostre stesse espressioni.
            Poi bevo un sorso della mia birra, gli altri mormorano qualcosa senza rispondere niente. Per questo dobbiamo avere memoria, riprendo; ricordarci perfettamente di quanto è accaduto ieri ed il giorno prima, perché niente, una di queste volte, sarà ancora com’è sempre stato, e noi ci abitueremo alla svelta ai nuovi modi, ai cambiamenti avvenuti, e saremo diversi, per forza, senza neppure riuscire a rammentarci da dove tutto questo in un giorno qualsiasi è potuto uscir fuori.
            Bruno Magnolfi

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