venerdì 18 marzo 2011

L'analisi del tempo presente.



Sto seduto nel bar, al margine della piazza di questo paese, mi siedo quasi sempre al solito tavolo dove ho già trascorso una buona parte della mia vita. Forse non avrei dovuto, ma non mi sono mai sentito di occuparmi di altre cose, mi è sempre bastato star qui, andare qualche volta nella saletta sul retro, dove giocano al biliardo, scherzare con quei soliti amici, oppure, quando quelli devono ancora arrivare, osservarmi attorno restando seduto dietro a questa vetrina. Guardo la gente, le figure che scorrono davanti ai miei occhi, le persone del paese che camminano sui marciapiedi, le auto che scivolano lungo la strada, e non trovo mai niente di diverso in quello che vedo, o almeno non sufficiente da portarmi verso riflessioni che non siano le solite, i medesimi pensieri che da sempre scorrono nella mia mente.

Mi lascio servire il caffè, accostandomi al bancone del bar, e ci impiego tutta la calma che serve, come compiendo un piccolo rito, e la realtà intanto mi scorre davanti, qualsiasi cosa mi pare sotto controllo, non c’è alcun bisogno che mi affanni a guardare o ascoltare i segnali complessi che forse giungono a me, ma che in nessun caso mi preoccupo di prendere in considerazione. I miei movimenti sono metodici, ben calibrati, non c’è mai niente di diverso dal solito, compio quasi i medesimi gesti ogni giorno, e anche se non mi sento del tutto soddisfatto di quanto succede, o di questo perenne non accadere, ritengo che tutto sia sempre meglio che ritrovarmi deluso, impegnarmi, sforzarmi in qualcosa solo per scoprire che non serve, non va proprio da alcuna parte.

Conosco da sempre il barista, lui certe volte mi guarda, ma non mi chiede quasi mai niente. Forse ha un’opinione di me, del mio stazionare ogni giorno nel suo locale, ma a me non interessa, mi lascio servire qualcosa, allungo sul banco i suoi soldi, nient’altro. Le giornate proseguono in modo monotono, somigliandosi tutte, eppure io vado lì, mi siedo senza pensieri, e mi sembra subito triste il mondo là fuori, quello che rimane oltre le vetrine del bar. Certe volte qualcuno si prova a dire qualcosa di divertente, a prendere in giro gli aspetti del mondo sotto agli occhi di tutti, ma io non ci bado, non ho le parole per ribadire le battute che ascolto, lascio che tutto prosegua, come la calma che circonda il vuoto dei miei pomeriggi.

Certe volte, poi, mi sento stufo di starmene lì: allora mi alzo, saluto tutti, me ne vado scivolando lungo la strada, fuori da quella vetrina del bar, ed allora mi sento uno qualsiasi, un individuo senza alcuna caratteristica, uno che rincasa perpetuando le assodate abitudini. Non mi sento neppure affezionato particolarmente a quel bar, a quei tavolini, agli amici che incontro là dentro: eppure non potrei farne a meno, in fondo la mia vita gira lì attorno, non c’è niente che debba essere cambiato, niente di diverso da quello che è stato deciso per me.

Bruno Magnolfi

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