lunedì 28 marzo 2011

Nessun aiuto.





C'è qualcosa dentro di me che agisce in maniera un po' insolita. Nella mia mente i pensieri fluiscono veloci ed illogi­ci, e spesso hanno valore soltanto per come si snodano, per il loro concatenarsi l'un l'altro; ma non sono né perspicaci né uti­li, anzi, nel giro di poco me li dimentico tutti. Mi sveglio nel letto in un turbine di sogni leggeri del tut­to inconcepibili, e inizio subito a riflettere sulle cose più stu­pide: ridisegnare nella mente la disposizione della stanza, im­maginare il mio corpo disteso prendendo come punto di osservazio­ne il soffitto, cercare di ricordarmi dove ho messo alcuni piccoli oggetti che non vedo più da chissà quanti mesi.

Poi mi concentro, sulle mie mani, sui piedi, e rimanendo im­mobile come mi trovo, mi sembra quasi di non avere più gli arti, di non avere più ossa, neppure più un corpo. Mi è rimasto sol­tanto il cervello, sanguinolento e pulsante, un poco schiacciato per colpa del peso, senza neppure la scatola cranica, adagiato sopra al cuscino in una larga macchia rosata. Per quel po' di pendenza che c’è, scivola piano sulla coperta, o for­se semplicemente si muove, come una colonia di vermi, un grumo di bachi giganti bianchicci che continuano ad annodarsi tra loro, senza una pausa, come cercando qualcosa, forse in preda a uno spa­smo, a un delirio, provocando, nel nocciolo interno e profondo di quel mio cervello, pensieri impossibili, immagini assurde, sensazioni che non hanno criterio, nessuna parvenza di logica.

Sporgo lo sguardo dalla finestra e mi concentro sui sassi, sui piccoli pezzi di carta, sui mozziconi di sigaretta schiaccia­ti, giù sulla strada, tra gli spigoli dei marciapiedi. Vedo le fogne, le grate di ferro robuste che nascondono i cunicoli, le profonde raccolte di acqua melmosa, gli scarichi putridi, dove pullulano centinaia di specie di insetti, di topi voraci, gri­giastri, ognuno identico all'altro. Sopra al davanzale della finestra il cervello si sporge, come cercando qualcosa, e alla fine cade di sotto, lasciando un filo bavoso che ciondola proprio attaccato allo spigolo. Un male terribile, da tutte le parti; una botta tremenda, e tutto quanto che a pezzi risulta scagliato lontano, nel raggio di sette o otto metri.

E allora ecco che i topi e gli insetti impazziscono, rompono il ferro, fanno saltare le grate, e corrono a mordere, adden­tare con voracità ogni piccolo pezzo, ogni verme impazzito; mangiano, strappano, facendo piccoli rumori rivoltanti, lasciando dappertutto sottili fili di sangue, e accanendosi sulle parti più dure, le parti callose, più bianche e compatte, mordendo con gran­de rabbia, quasi con odio.

Di fronte alla strada una finestra si apre, qualcuno osserva la scena con sguardo impassibile, senza mostrare emozioni. Poi lei, perché è lei che mi guarda, lentamente rientra dentro alla stanza, e con gesti pacati, con mani quasi carezzevoli, richiude la finestra, i vetri, gli scuri, tira anche le tende, come ad in­terrompere il flusso tra l'interno e l'esterno, a ricomporre la fida barriera, il giusto divario tra ciò che si vuole capire e ciò che minimamente ci attrae, o che pur reclamando interesse, as­solutamente non ne merita nulla.


Bruno Magnolfi

Nessun commento:

Posta un commento