venerdì 24 giugno 2011

Dalla stessa parte (ripresa cinematografica n. 1).




Non c’è niente di male, pensa Riccardo; cammino, giro con calma queste strade monotone, rifletto sulle mie cose, incontro altra gente che mi viene incontro, e a qualcuno sorrido, come se una sorta di solidarietà ci posizionasse vicino, o almeno dallo stesso lato del mondo. In fondo tutte le persone sono buone, penso, non si sognerebbero mai di fare del male, sono solo le condizioni di vita che certe volte riservano degli strani malesseri, che ci mettono in una condizione difficile, in cui la realtà viene vissuta come qualcosa di ostile, di mal digeribile, ed ecco che l’insopportabilità nei confronti degli altri è subito prossima, e tutto si perde in una nuvola confusa e misteriosa entro la quale ci scagliamo contro il primo che capita.

A me non accadrà mai niente del genere, penso; e intanto Riccardo percorre una strada ed osserva lo strano modo di camminare di un’anziana signora che lo precede: si muove con una lentezza quasi estenuante, come se qualsiasi movimento le procurasse dolore, e guarda soltanto il tratto di via davanti ai suoi piedi, come se niente di ciò da cui è circondata la interessasse. Lui l’affianca con calma, e con una certa metodica le sfiora un braccio, tanto per rompere il filo dei pensieri di cui sembra preda; lei volta la faccia verso Riccardo, lo scruta, ha quasi uno sguardo di rimprovero nei suoi confronti, e intanto piega la bocca in una espressione forse amareggiata, come se tutto ciò che non riesce a tenere sotto controllo fosse a lei estraneo, quasi un fastidio.

Lui le sorride, le chiede se vuole essere aiutata ad attraversare la strada, a portarle la borsa o ad esserle di sostegno in qualcosa del genere, ma lei non risponde, continua a fissarlo, si ferma, aspetta soltanto che Riccardo se ne vada. Un osso duro questa signora, penso; non riesce a capire che si possono avere dei gesti generosi verso gli altri, non ha poi alcuna importanza se non ne abbiamo motivo apparente per farli. Lei sta ferma e guarda Riccardo, e anche lui adesso si è arrestato ad una distanza di un metro o anche più. Continua a sorridere come per incoraggiarla, ma lei si volta di fianco, lo scarta, e riprende la medesima andatura di prima, come se non avesse neppure il tempo per potergli rispondere.

La lascio perdere, in fondo non mi interessa battibeccare con una persona del genere, però sono dispiaciuto, non se ne trova facilmente di persone simili a me, penso, proiettate così verso gli altri. Riprende a camminare con un certo disagio, Riccardo, come se qualcuno lo avesse sgridato, come gli avessero detto che non serve a nessuno, ma dopo pochi passi qualcuno lo chiama da dietro: giovanotto, gli dicono, ed è la stessa signora di prima a chiamarlo; le è caduto qualcosa, mi fa, lì a terra, subito dietro di lei. Mi volto, osservo il mio fazzoletto sul marciapiede, sono pronto quasi a sorridere, a ringraziare, ad abbassarmi per raccogliere quanto è scivolato dalla mia tasca, ma poi ci ripenso: non importa, dico, oggi posso fare a meno di tutto, persino di un fazzoletto, e riprendo la mia camminata.

No, non c’è niente di male, pensa ancora Riccardo; posso girare fino allo strenuo delle forze lungo queste strade, e continuare a pensare tutto quello che voglio, ma forse non imparerò mai quanto sia difficile sentirsi davvero con gli altri, assieme a loro, dalla medesima parte, come non esistesse neppure una possibilità differente.

Bruno Magnolfi

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