domenica 26 giugno 2011

Lei sola.



Le due donne avevano litigato usando un pretesto, giusto per la voglia che provavano, chissà da quanto tempo, di dirsi qualcosa fuori dai denti. Poi una delle due si era seduta sopra un gradino, in un angolo di quella grande terrazza condominiale attraversata da una parte all’altra da fili di ferro zincato per stendere i panni ad asciugare, e singhiozzando aveva nascosto il viso dentro le mani. Il vento era tiepido, il sole sembrava concentrare là sopra la maggior parte di sé, su quel pavimento polveroso di graniglia di marmo, su quei muretti di lato, bianchi e un po’ scalcinati. Le lenzuola si muovevano in modo sinuoso, ogni tanto un odore di sugo arrivava da qualche casa là attorno. L’altra, conservando sulle braccia la cesta quasi vuota dei panni, si era mossa lentamente verso di lei, aveva detto sottovoce che le dispiaceva, che non era stata sua intenzione offenderla, e che in fondo non era successo niente, quelle scaramucce erano solo stupidaggini che nascondevano un po’ di nervosismo, nient’altro. La donna seduta non si era mossa. Si conoscevano da anni loro due, ma non erano amiche, solo vicine di casa. “C’è qualcosa di più, mi sembra di capire, che non le nostre piccole guerre per stendere i panni…”, disse l’altra, spinta dalla curiosità di sapere da cosa fosse causata quella reazione. Arrivarono due bambini che giocavano a rincorrersi, si nascosero l’uno dall’altro in mezzo alle lenzuola stese, e continuarono a ridere e a scorrazzare fino a prendersi un urlo di riprovazione che li fece fuggire di nuovo, giù per le scale. La donna si era alzata dal gradino, si era sistemata i capelli e la gonna, si era guardata attorno, ma tenendo gli occhi bassi, indifferente alla domanda che le era stata rivolta. Tutto attorno le pareva uno scherzo, un gioco assurdo della vita che adesso le mostrava cose impensabili, realtà alle quali non si sentiva legata, come se una materia a lei sconosciuta avesse plasmato le cose, le persone, i gesti e le parole di ognuno. Disse fra sé: “Ho soltanto bisogno di tempo; devo ancora definire cosa sono, chi sono, cosa mi ha portato a questo punto negli ultimi anni, e fino a quando non lo faccio non posso avere opinioni su niente, non ho una base sulla quale decidere di cosa ho bisogno, o verso dove posso dirigermi…”. L’altra non comprese quelle parole, ma si dispiacque di aver alzato la voce poco prima: era interessante quella donna, sfuggiva ai criteri ordinari, adesso che poteva osservarla un po’ meglio le pareva proprio strana, diversa da tutte, forse con qualche problema mentale. Avrebbe chiesto in giro qualche altra opinione su lei, e nel futuro si sarebbe ben guardata dal non apparirle sempre sorridente e soprattutto bendisposta, pronta a capire di più dei suoi modi, dei suoi atteggiamenti strani, risoluta nel riuscire a sapere per prima cosa dentro di lei non andava, forte della sua capacità di immaginare al volo le cose. In fondo, pensava adesso, non c’era niente di male, era stato giusto litigare con lei, la comprensione delle cose funzionava meglio così che non attraverso domande curiose.


Bruno Magnolfi

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