lunedì 28 maggio 2012

Meditazioni sul niente. 2.


La spiaggia è ancora deserta di maggio, in questa zona del litorale lontana da tutto. La corriera mi ha lasciato da solo a questa fermata, e l’autista mi ha osservato più volte: un tipo strano, avrà pensato di me, come strano è andare a perdersi qua attorno, anche se in fondo ogni luogo è sempre quello più adatto per una cosa del genere.

Il mare ha un’onda debole, non c’è quasi risacca; il vento solo un respiro consumato al largo, che qui neanche giunge. Cammino, tolgo le scarpe, apprezzo l’umido fresco. Infine mi sdraio, alla superficie della sabbia calda e leggera, e osservo in alto, a catalogare il punto di questo colore, quello che ha assunto il cielo in quest’ora.

Vorrei tanto non pensare niente, ma è inutile. Un piccolo screzio di pallido verde avanza verso di me, lungo la linea infinita del bagnasciuga. E’ una donna, con il suo cagnolino, il passo allentato, le braccia rilassate sui fianchi. A distanza di una ventina di metri la guardo: vorrei sapere tutto di lei, salutarla, allontanare d’istinto la mia e la sua solitudine, magari in uno scoppio di riso e di allegria incontrollabile, e andarle incontro, dirle quanto sia bello e importante sapere che la vita certe volte esce fuori talmente leggera e piacevole che persino il silenzio del mare in quei casi si fa canto, quasi una bellissima storia dal ritmo portato sulle deboli onde che giungono, forza residua di quel moto incessante.

La guardo ancora più vicina, forse vorrei davvero sorriderle, mostrarle il piacere che provo nel vederla così, coi piedi nudi dentro la sabbia, con il suo cagnolino di corsa, a mostrare l’importanza di essere in questo luogo preciso, in quest’attimo semplice eppure indimenticabile, come immortalato in una fotografia in bianco e nero, da incorniciare e tenere sul mobile, per anni e anni a venire. Mi sollevo, l’osservo senza vergogna, quella donna meravigliosa vestita di un pallido verde che adesso è qui, assieme a me, mi guarda giusto un momento, dice: buongiorno, come la sua educazione le suggerisce, con il cane che mi annusa per cortesia, e poi insieme proseguono, senza lasciare niente alle spalle, se non quel vago sapore di qualcosa che si perde per sempre, senza neppure sapere il perché.

Da lontano, nell’allontanarsi, quel piccolo screzio di pallido verde sfuma tra il mare e la spiaggia, ed io resto qui, inebetito, a chiedermi ancora a quale colore si avvicini di più questo cielo.

Bruno Magnolfi

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