giovedì 13 gennaio 2011
(Profilo n. 1). Il ribelle.
Oggi ho provato di nuovo ad uscire di casa. La serata precedente mi era parsa scorrere con grande tranquillità: avevo notato lungo la strada, ascoltando tutto da dietro i vetri della mia finestra, soltanto suoni usuali, quelli del traffico, della gente in movimento, le deboli voci di persone che continuavano a scambiarsi qualche opinione e ad attardarsi sopra ai marciapiedi giusto per il gusto di conversare. Così mi sono fatto coraggio ed ho affrontato le scale del mio condominio. Fuori dal portone del palazzo dove io abito, l’indifferenza pareva regnare.
Mi sono guardato attorno quanto potevo, ed in fondo alla strada, dove si apre la piazza, ho intravisto il solito gruppo di uomini anziani seduti sulle panchine. Ho attraversato per transitare con passo pacato proprio davanti alla bottega del salumiere, subito dirimpetto al mio condominio, ma lui, che stava come sempre dietro al bancone, ha fatto finta di non vedermi, anche se ho notato che mi guardava anche se giusto per un momento; forse, ho pensato subito dopo, era davvero impegnato con quel paio di clienti che aveva di fronte, non aveva alcun senso si preoccupasse di altro. Non è bello immaginare che qualcuno, tra le persone che mi conoscono almeno di vista nel mio quartiere, sia disposto a far finta di niente quando mi vede, oppure che cerchi addirittura di evitare il mio sguardo, così non ho voluto pensare una cosa del genere, e mi sono distratto fermandomi di fronte ad una vetrina, anche se non era interessato per niente a quello che c’era lì esposto.
Ho sentito alle spalle qualcuno che arrivava, due o tre persone, ho pensato, a giudicare dal rumore dei passi. Sono rimasto perplesso un attimo solo, poi mi sono girato con decisione restando sul posto, ed ho mostrato un’espressione ordinaria, naturale, senza lasciar sospettare alcuna preoccupazione. Si sono piazzati di fronte a me, mani in tasca, facce scolpite. Hanno ripetuto con quattro parole quello che già sapevo: nessuno ha più intenzione di sopportare il suo continuo isolarsi, hanno detto; c’è bisogno che lei prenda una posizione precisa, come tutti, che affronti le cose come facciamo noi altri, troppo comodo starsene in casa da solo ad osservare come vanno le cose. I tempi sono difficili, hanno detto, chi non sta insieme a noi certamente non risulta essere consenziente alla nostra causa, e tutti quanti in questo quartiere non possono affatto accettare una cosa del genere.
Io li ho ascoltati, mi sono sfiorato il viso con l’unghia del pollice, come a segnalare che stavo pensando a quello che mi era stato spiegato, poi ho abbassato lo sguardo, ho infilato le mani dentro alle tasche del mio cappotto, e infine mi sono scostato, sono passato tra loro senza curarmi di niente, ed ho continuato la mia passeggiata lungo la strada. Dicevano qualcosa intanto dietro di me, mentre io continuavo a camminare senza curarmi di nulla, ma non mi pareva di alcun interesse.
Bruno Magnolfi
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