lunedì 3 gennaio 2011
Una traccia di niente.
Il freddo della tarda serata gli era entrato fin dentro le ossa, pur camminando lungo i marciapiedi deserti ben avvolto dentro al cappotto, e i suoi pensieri si erano come disciolti in quell’umidità e nella leggera foschia della notte, tanto da essere ormai inconsistenti, privi di forza. Lui andava avanti, un passo dietro quell’altro, quasi senza impegnarsi, e la sua mente poco alla volta si svuotava di tutto, con le case e le strade ai suoi occhi sempre più identiche, i lampioni ronzanti di luce bianca, il cielo di sopra solo una cappa fuliggine.
L’altro, alle sue spalle, si muoveva più svelto: si sentivano lontani sopra le pietre i tacchi ritmici delle sue scarpe, e quel suo passo spedito dava il senso di un luogo dove giungere in fretta, probabilmente la sua abitazione, o chissà cosa. Lui non si volse, cercò soltanto di immaginare con quei pochi elementi la persona che si avvicinava, e gli parve qualcuno che forse poteva conoscere, magari un amico di quelli che a volte incontrava al caffè.
Accelerò leggermente la sua camminata, in modo da far durare più a lungo quella sensazione leggera di inseguimento, poi, in prossimità di un passaggio pedonale, si decise ad attraversare la strada, voltando lo sguardo dietro di sé quasi per norma di sicurezza, osservando per un attimo la strada vuota e l’uomo che continuava a camminare spedito verso la sua direzione. Poteva essere chiunque con il viso coperto da quel largo cappello, pensò; eppure gli ricordava qualcuno, tanto da decidere quasi di attenderlo per salutarlo.
L’altro all’improvviso dette due o tre forti colpi di tosse, fermandosi giusto un momento per cercare dentro una tasca il suo fazzoletto, quindi soffiò rumorosamente col naso, poi riprese a camminare, ma più lentamente. Lui si mosse, attraversò la strada senza perplessità guardando in avanti, fino a raggiungere il marciapiede di fronte, quindi tirò fuori una sigaretta, l’appoggiò con delicatezza alle labbra tornando subito a far sprofondare le mani dentro al cappotto. Continuò così a camminare, un’auto elegante transitò quasi senza rumore, poi lui si accorse che l’altro stava attraversando a sua volta la strada.
Si fermò per attenderlo, voltandosi solo di fianco, l’altro lo raggiunse nel giro di una decina di passi: ha da accendere? gli chiese con voce bassa e parole scandite. L’altro non gli rispose, lo aveva guardato soltanto un momento, ma davanti ai suoi piedi si era fermato all’improvviso, tirato fuori un accendino d’argento, e fatto scoccare una fiammella giallastra. La piccola nuvola di fumo si sollevò svelta, lui disse: grazie, quasi senza calcare quella parola. L’altro spense la fiamma in un piccolo scatto meccanico, poi lo guardò, lasciando scivolare l’accendino dentro una tasca, e infine disse soltanto: le pare? Poi passò avanti, riprendendo la sua camminata.
Bruno Magnolfi
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