domenica 23 gennaio 2011
Vuoto di idee e di pensieri.
Mio padre ha un ristorante, o meglio, un locale che è poco più di una bettola, davanti ad un piazzale sterrato, dove all’ora di pranzo vengono a mangiare alcuni operai dei cantieri vicini e diversi camionisti che si trovano a transitare lungo quella strada provinciale. Il nostro appartamento è al piano superiore, ma ci andiamo solo a dormire. All’ora di cena in trattoria si avventurano dentro anche qualche coppietta con pochi soldi, e due o tre pensionati che abitano in zona. La televisione, in alto, nell’angolo della sala, rimane perennemente accesa, e ogni tanto io salgo sopra una sedia per pulire lo schermo coperto da una patina di vapore untuoso.
Ogni giorno, quando esco da scuola, vado lì e mi piazzo ad un tavolo libero. La mamma, che lavora in cucina, mi porta le cose da mangiare e mio padre mi guarda sempre con quell’aria come se stesse per farmi qualche rimprovero. Spesso i clienti mi conoscono, qualcuno dice qualcosa ma io non rispondo quasi mai alle loro domande spiritose. Al pomeriggio vado in giro, certe volte con un compagno di scuola che ne sa sempre qualcuna più di me. I compiti e le lezioni li porto avanti in fretta sopra ai soliti tavoli del ristorante, quando non c’è nessuno, ma lo faccio sempre più svogliatamente.
Poi sul piazzale incontro un camionista simpatico, che mi chiede ridendo dove abbia parcheggiato il mio truck perché non lo vede; si ferma, smette di ridere, chiede si mi va di andare assieme a lui a farmi un giro. Salgo in cabina e lui mette in moto il mostro. Ha sganciato il rimorchio dell’autoarticolato, e così si va per strada solo con il trattore. Si gira a caso, lui suona per far girare qualche ragazza che cammina sopra al marciapiede, ogni tanto saluta qualcuno.
Mi dice un sacco di cose, alcune neppure le capisco, poi esce dal paese, tira le marce del suo camion e mi fa vedere come va forte quando è senza il carico. Infine a una rotatoria torna indietro e mi riporta al piazzale sterrato, accanto al ristorante; dice che non può permettersi di consumare troppo carburante, il suo padrone potrebbe accorgersi che lo ha usato. Così scendo svogliatamente, lo ringrazio giusto con un cenno per il giro, lui se ne va e io mi fermo accanto a un muro, senza decidermi a far nulla.
Non so cosa sia, ma non mi piace niente di tutto quanto; guardo l’insegna del ristorante già accesa a quest’ora del pomeriggio, e mi sembra triste, quasi senza scopo. Mio padre dice che se continuo così con la scuola inizierò a fare il cameriere da lui, tanto ne ha bisogno. Non lo so se mi va, mi sento indifferente a queste cose. Mi piacerebbe andarmene da qui, prima o poi, ma non so neppure io dove, il mondo in fondo mi sembra tutto uguale. Poi, lentamente, ritorno verso il ristorante, costeggio la strada e guardo la polvere che si accumula sul margine. La vita non è niente di speciale, penso, non vale neanche la pena farsi delle idee, tanto probabilmente non serviranno proprio a niente.
Bruno Magnolfi
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