venerdì 11 febbraio 2011
Il nulla (in margine a -Bionda, naturalmente-).
Avevo sentito dei rumori provenire dal corridoio, dei piccoli leggeri scricchiolii, e trovandomi in casa da solo, dopo un po’ mi ero alzato dallo scrittoio per andare a sincerarmi sulla natura e le cause eventuali di quanto avevo percepito. Naturalmente non avevo trovato niente, ed i rumori erano presto cessati: sembrava tutto assolutamente al suo posto, anche se qualcosa mi aveva comunque messo a disagio, come se dietro quell’apparenza di consuetudini e di ordine negli oggetti di casa, si nascondesse qualcosa di diverso, qualcosa di indefinito.
Tornai a leggere il libro che con la sua trama semplice sapeva attrarre quasi tutta l’attenzione di cui ero capace, fino a riuscire a trasportarmi al centro di quelle parole, fin dentro alle cose descritte. Si trattava di una donna, una persona qualunque, come se ne possono incontrare da qualsiasi parte; eppure la vicenda interiore di quel personaggio, ne faceva subito una donna speciale, e dentro a quel romanzo, poco per volta, lei diventava quasi un simbolo di tutte le capacità delle quali una persona riesce a dar prova.
Leggevo, e immaginavo tutto quello scenario, quel mare apparentemente neutrale che al contrario dimostrava di essere metafora dell’ignoto e dell’inconoscibile, quelle semplici vicende ora assurde ora ordinarie, e soprattutto lei, la protagonista, né bionda né mora, coniugata eppure da sola, in mezzo a scelte importanti tra memoria e futuro. Impossibile restare indifferenti: tutto questo pareva l’allegoria di tutte le cose, la via di mezzo che sempre si pone tra una certezza e il suo opposto, tra un pensiero e la sua realizzazione.
Tornai ad alzarmi dallo scrittoio; qualcosa era parso soffiarmi sopra la faccia, come se un poco probabile spiffero, giunto chissà da dove, arrivasse fin lì, in quella penombra rischiarata solo da una lampada quasi appannata, utile giusto a illuminare soltanto le pagine sotto ai miei occhi. Mi mossi, le tende erano ferme, la stanza immutata, e i miei pensieri al contrario correvano dietro qualcosa di cui non riuscivo a comprendere il senso, come un pensiero, una sensazione, forse una folgore.
Mi lasciai andare in una sonora risata, giusto per smuovere la sospensione che pareva aleggiare, o per ascoltare me stesso, la mia voce, la capacità di rompere quell’aria pesante, ingombra di frammenti di niente. Qualcosa parve rispondere con parole appena mormorate nell’ombra, io volsi gli occhi verso la direzione da cui provenivano, ebbi terrore per qualcosa che non potevo assolutamente sapere cosa fosse, e infine tornai sui miei passi, verso quello scrittoio.
Il libro non era più lì, si era spostato, qualcosa o qualcuno ne aveva richiuso le pagine, lo aveva sollevato, era andato a riporlo sopra ad uno scaffale della libreria, in bella mostra, ma come se le sue ultime pagine non dovessero lasciarsi sfogliare. Ebbi titubanza nel prenderlo, la debole luce che lo aveva illuminato mentre lo stavo leggendo, pareva adesso emanare direttamente dalla sua copertina; e quel magico azzurro del mare illustrato, pareva ora mostrarne quasi la profondità, persino la trasparenza dell’acqua.
Mi guardai attorno con il libro nelle mie mani: non c’era niente in quella stanza, adesso ne ero sicuro, soltanto io coi miei pensieri. Girai per due volte attorno allo scrittoio, cercai di riflettere su quanto stava accadendo, infine decisi che avrei letto le ultime pagine: soltanto lì, forse, avrei trovato la spiegazione di quanto non riuscivo a capire.
Bruno Magnolfi
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento