Cesare era entrato dentro al portone del palazzo dove abitava, lo aveva
richiuso alle sue spalle, poi era rimasto lì, indeciso su ciò che aveva
veramente voglia di fare. Qualcuno, proprio in quel momento, era sceso
di fretta lungo le scale di quel palazzo, aveva percorso quel tratto di
ingresso rallentando l’andatura, guardato Cesare con un’espressione
crucciata e anche con una certa insistenza, e poi lo aveva superato,
aprendo l’uscio che dava sulla strada e sparendo in un attimo.
Lui non aveva mai visto quella donna, o forse non si ricordava di lei,
anche se gli era parsa sicura di sé in quei pochi gesti, quasi abitasse
in un appartamento dei piani superiori, e conoscesse bene il suo vicino
di casa, tanto da concedergli quell’occhiata esauriente, anche se
nessuna parola era uscita dalla sua bocca; in quell’attimo in cui lei
gli era passata vicino era come accaduto qualcosa di strano, Cesare
adesso ne aveva coscienza, come se una parte di lui avesse cessato di
essere nella stessa maniera di sempre, lasciando quasi lo spazio
sufficiente per qualcosa di nuovo.
Cesare ormai da tempo si era reso conto di essere stufo di raccontare a
tutti la solita storia della sua vita, anche se ogni volta che lo
faceva gli pareva che piccoli dettagli si modificassero nel suo
raccontare, plasmandosi in funzione delle parole che ogni volta trovava
più adatte alle sue descrizioni. Però, la maggior parte delle volte,
quando si impegnava a spiegare le vicende che aveva vissuto, aveva
sempre voglia che qualcuno gli chiedesse ancora qualcosa, magari anche
con una certa insistenza, in modo da ritrovarsi costretto a scavare, ad
attingere ad ogni particolare dentro se stesso, fino a trovare qualcosa
che forse fino ad oggi gli era probabilmente quasi sfuggito.
Lui aveva pensato spesso al passato, riflettuto con calma sui
molteplici aspetti, e aveva sempre ripercorso le sue vicende come dando
un’occhiata ad una serie di immagini, come fossero tante figure statiche
della sua mente, file di oggetti quasi sospesi nel tempo; ma adesso,
nel silenzio scuro dell’ingresso del suo condominio, all’improvviso gli
sembrava che d’ora in avanti niente di tutto questo, assolutamente nulla
di quanto credeva di aver costruito sulla base delle sue semplici
esperienze, potesse essere più assolutamente possibile.
Cesare ad un tratto sapeva di dover fare qualcosa come cercare di
arrestare quella rapida perdita, quella grave mancanza che iniziava già a
farsi sentire, così cercava di far forza sul suo coraggio, spingersi in
avanti, affrontare la nuova realtà, e accostarsi al portone, aprirlo
con energia, uscire velocemente sul marciapiede. Quella donna era ancora
lì che lo stava aspettando, certo, non poteva essere in altra maniera.
Lui la guardava, gli pareva che niente fosse sbagliato, ogni elemento
era perfetto, tutto collimava come travasando ogni aspetto che aveva
coltivato fino ad allora in quel semplice piccolo attimo.
La donna si era voltata di nuovo verso di lui, non più per osservarlo,
ma per farsi osservare, per lasciare che la mente di Cesare costruisse
un percorso completo di identificazione, memorizzando e confrontando
ogni dettaglio. Lui si era avvicinato, non molto, poi era rimasto fermo,
stupefatto, all’improvviso incapace persino di parlare. Sarebbe stato
meglio aver finto un’indifferenza completa, pensava; sarebbe stato
meglio avesse corso su per le scale, continuava a pensare; sarebbe stato
meglio qualsiasi altra cosa, ne era certo: ma lei adesso era lì, e
questo era un fatto del tutto impossibile da disconoscere.
Bruno Magnolfi
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