Non so,
dice lei; forse ci potrei pensare. E’ strana certe volte Rita quando
parla di alcuni argomenti. Non riesci a capire se una cosa le vada
oppure no, pensa lui mentre guarda da qualche altra parte per non
dimostrarle di essere leggermente deluso. Certe volte lei lascia delle
pause piene di interrogativi, lui si sente quasi imbarazzato in quei
casi, anche se proprio non saprebbe neppure dire effettivamente per
quale motivo.
Poi
all’improvviso Rita lo abbraccia, forse per rassicurarlo, ma è come se
non lo toccasse nemmeno, tanto il suo comportamento appare impalpabile,
quasi incomprensibile. E in un orecchio gli dice: va bene, come se
l’entusiasmo che lui aveva inserito nella sua proposta di prima, non
fosse ormai irrimediabilmente perduto.
Rita si
siede sul letto della sua camera, in silenzio. Non è un invito, lui lo
sa bene, ma soltanto un comportamento come un altro, una maniera forse
per prendere tempo, per vedere che cosa potrà dire lui adesso. Invece
lui va verso la finestra, guarda fuori qualcosa mentre continua a tenere
aperta tra le mani una rivista di arte dove ci sono, in molte pagine,
una serie infinita di riproduzioni di altrettanti dipinti; il soggetto è
un ragazzo a cavallo che galoppa come solo il vento può fare, tanto da
plasmare le forme e i colori di tutto, quasi un’espressione di nuovo
futurismo, portato in questa maniera fino al paradosso.
A lui
piace passare il tempo con Rita in quella stanza, gli sembra l’ambito
dove possa capitare di tutto, e difatti, se ancora ci pensa, tante cose
sono accadute là dentro, quasi fosse un vero spazio teatrale, un
ambiente all’interno del quale tutto o quasi possa essere ammesso. Lei
dice: usciamo; ma sottovoce, quasi parlasse soltanto a se stessa. Lui le
risponde in modo ambiguo, come se davvero ne avesse gran voglia, ma
qualcosa fosse capace di trattenerlo là dentro.
Hai
visto?, fa lui mostrando a Rita le illustrazioni che aveva osservato.
Non mi piace, risponde lei senza aggiungere altro. Forse sarebbe
possibile parlare a lungo di queste immagini, pensa lui muovendo qualche
passo dentro la stanza e richiudendo la sua rivista. Ma non ha forse
alcuna importanza; gli torna a mente la domenica precedente, quando loro
due sono andati a vedere il mare in burrasca, e stringendola a sé gli è
quasi venuto da piangere, tanto sentiva che lei era lì, con lui, non
come adesso.
D’accordo,
dice alla fine, quasi con una leggerissima forma di rassegnazione:
usciamo. Rita si alza, lo guarda, forse si attende qualcosa d’altro,
magari cerca soltanto di studiare il suo comportamento. Raccoglie la
rivista d’arte che lui ha lasciato sul letto, dice: portiamo anche
questa, così parliamo di quelle immagini che ti hanno colpito. Lui la
guarda, sa che è quello il suo vero abbraccio, così sorride, e le dice:
va bene, vorrei anche parlare di noi, qualche volta, anche se credo
proprio non mi sarà mai possibile. Ma forse non ha alcuna importanza,
pensa; spesso le nostre sono soltanto parole destinate a sfumare in modo
confuso nei concetti che esprimono, tanto da lasciarne nell’aria appena
un’interpretazione possibile. E poi davvero, cosa importa: va bene
così.
Bruno Magnolfi
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