Sa di
essere atteso, ciò nonostante: sono qui per fare chiarezza, dice a voce
bassa, e anche per prendere qualche decisione; come se alternativamente
fosse lì soltanto per un puro caso. Viene fatto sedere ad un tavolo, da
un cassetto si tira fuori una cartella piena di documenti. Lui se ci
pensa forse vorrebbe già essere lontano da lì, anzi, probabilmente
sarebbe contento di non esserci mai neppure venuto, eppure tutto quanto
adesso pare andar bene, gli sembra anche più facile del previsto, una
volta riuscito a superare qualsiasi moto spontaneo di repulsione, quella
sua voglia naturale, dopo tutti quegli anni di guerre, di tenersi
lontano da quella casa e anche da coloro che continuano ad abitarla.
Là dentro
si parla adesso in termini quasi legali, le carte riportano con
chiarezza i confini di alcune proprietà da dividere, le espressioni sono
fredde, niente di tutto questo esprime qualche sentimento, qualche
bisogno reale, e le sensazioni che procurano, almeno a lui, quei nomi
così legati a dei cari ricordi, che pur certamente convivono in mezzo a
quei margini segnati sulle planimetrie e tra le parole degli atti, sono
solo un’astrazione da quel contesto. Si prova sicuramente un certo
disagio dietro agli occhiali con cui si osservano tutte le carte, ma in
ogni caso si vuole andare avanti, fino in fondo, fino a quando tutto
sarà debitamente appianato e deciso.
Lui sa che
sua sorella si trattiene nella stanza vicina, forse ascolta ogni parola
restando in silenzio, al riparo di una porta ben chiusa: persino dopo
tutti quegli anni non vuole incontrarlo, non vuole neppure vederlo,
lascia che ogni cosa venga trattata da un legale e da suo marito, quel
cognato pacato, tranquillo, che si è sempre offerto di fare da mediatore
tra i loro caratteri a spigoli, cercando la giusta divisione di quelle
proprietà di cui sono eredi, solo loro due, senza alcun dubbio. Si
guardano ancora le carte, lui non dice quasi niente, lasciando che si
formuli un’offerta finale: non si è neppure tolto la giacca, tanto
riesce ad avvertire l’ostilità della casa, però sente con prepotenza la
volontà di tutti di arrivare in fondo a quella faccenda, perché non è
più proprio possibile lasciarla ancora in sospeso.
Si
prendono impegni, si firma qualcosa di importante, tutto quanto adesso,
quasi per magia, sembra più facile di qualsiasi altra cosa; ogni nodo da
sciogliere pare risolversi con poche frasi, con qualche sguardo, come
se scorresse su una strada liscia e senza le curve. Infine tutto appare
deciso, lui si alza, saluta, viene accompagnato alla porta, sta per
andarsene, ma c’è sua sorella che esce improvvisa dal suo rifugio, lo
guarda, gli va incontro, si abbracciano: che inutile cosa, credere di
avere sempre ragione, pensa qualcuno.
Bruno Magnolfi
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