sabato 8 gennaio 2011

Il più forte tra noi.




Non si può andare avanti così, diceva il ragazzo a voce bassa ma con tono deciso, convinto, che non poteva in alcun modo essere frainteso. Gli altri stavano intorno ad un flipper, dalla parte opposta della vasta sala del bar, e a giudicare dalla concentrazione con cui seguivano la pallina metallica in quella sfida a realizzare il punteggio migliore, non si stavano certo accorgendo della discussione in atto tra lui e quella ragazza. Il pomeriggio pareva avanzare poco per volta dentro quel locale monotono, come se un’inerzia di fondo lasciasse strascicare le ore, i minuti, i gesti pacati, le parole asciutte, quasi fosse impossibile articolare là dentro una frase compiuta, un discorso completo, un pensiero più definito.

Lei si era appoggiata alla finestra, nella zona meno illuminata della grande stanza, e qualche luccicone forse le era spuntato dagli occhi, ma il panorama del fiume cittadino di fronte, mentre scorreva lentamente in mezzo alle case, le stava dando un coraggio forse insperato. Va bene, aveva detto senza voltarsi; non andiamo più avanti, non ce n’è alcun bisogno. Anzi, evitiamoci, o meglio, lasciamo tutto così, senza darsi più appuntamenti per vedersi da soli; torniamo ad essere due della compagnia, senza alcun rapporto speciale, poi vediamo chi sarà il primo, o la prima, a fare un gesto verso quell’altro, o quell’altra.

Il ragazzo era rimasto in silenzio, forse non si aspettava una reazione del genere, né una scelta così radicale: si sarebbe aspettato una scena diversa, in cui si era quasi preparato a svolgere il ruolo del duro, quello che alle decisioni ci tiene, e sa reggere bene la parte che si è imposto. Così si era sentito quasi sorpreso, ma al contrario di quanto aveva pensato, gli pareva una grande alzata di ingegno quella sparata, quasi una sfida, un modo per vedere, tra loro due, chi aveva una personalità superiore. Ecco, pensava, così mi piace la mia ragazza, una che ha il coraggio di affrontare le cose, che non si crea alcun problema nel dire le cose che pensa, che chiude la porta, se è il caso, non sta lì ad attendere un gesto o una parola di carità o di consolazione.

Gli altri continuavano a seguire il gioco del flipper, lei osservava dalla finestra il cielo di fronte, sopra le case, come se non avesse bisogno di altro se non di quell’immagine di serenità, nel lento oscurarsi del tardo pomeriggio, e di quel senso del tempo che volgeva in avanti, lasciando a lei la possibilità di maturare pensieri e cercare riflessioni ulteriori. A lui, al contrario, gli era presa la voglia un po’ assurda di stringerla a sé, farle sentire che forse era disposto ad annullare ogni sua parola che adesso gli sembrava fuori luogo e sprecata, ma proprio mentre continuava a fissarla, ecco che lei si era voltata, lo aveva guardato appena un momento, poi, ignorando del tutto il suo debole sorriso, si era mossa rapidamente per raggiungere gli altri ragazzi.

Bruno Magnolfi

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