venerdì 5 agosto 2011

La vita ancora da vivere.



Luciano aveva detto qualcosa tra sé, come se i suoi pensieri, ridotto ormai in quello stato da una malattia incurabile, traboccassero fuori in maniera autonoma dalla sua mente devastata dal dolore e dalla coscienza della sua situazione, riversandosi incontrollati su chi si trovava intorno a quel suo letto di casa e di moribondo. Aveva forse sognato qualcosa, in un attimo di vaga incoscienza di cui era preda ogni pochi minuti, ed in quei momenti aveva intravisto qualcuno portarlo via da quel letto, di corsa verso un ospedale poco lontano, dove non era mai stato durante quel calvario che ormai andava avanti da mesi, dove si ritenevano certi di poterlo ancora salvare.

Non c’era stato bisogno di niente, solo molti sorrisi incoraggianti, una iniezione risolutiva, e la sua forza, la voglia profonda di reagire a quello stato, come aveva detto qualcuno. Un’infermiera aveva accarezzato il suo viso, qualcun altro vicino aveva parlato della grande importanza di ridare fiato e calore alla sua persona. Lui aveva quasi provato la voglia di ridere, così aveva ripensato ai giorni salienti della sua vita, ma gli era parso improvvisamente di non avere neanche qualcosa degno di un vago ricordo. Proprio per questo, aveva subito pensato, devo reagire. Devo rimettermi per tutte le cose che non ho ancora fatto, per tutto quello che ho messo da parte per altri momenti, per tempi migliori.

Ma la stanza di quell’ospedale velocemente era svanita, Luciano aveva aperto per un attimo gli occhi ritrovandosi nella sua camera, quella dove aveva passato tante delle sue notti, il luogo dove forse si era sempre sentito maggiormente a suo agio rispetto a qualsiasi altro posto, e così si era mosso leggermente sotto a quelle lenzuola, aveva cercato di apprezzare una volta di più il suo trovarsi ancora là dentro, quasi incapace adesso di desiderare di meglio. Era stato allora che i suoi pensieri avevano avuto un sussulto: aveva aperto la bocca, si era ricordato qualcosa, aveva provato il desiderio di dire una parola alla quale precedentemente non aveva dato importanza, ma che adesso pareva fondamentale.

Vuole parlare, aveva detto qualcuno, tiriamolo su, aiutiamolo. A lui era venuta a mente una ragazza che aveva perso di vista tanti anni prima, ma che adesso pareva parlargli dentro a un orecchio, come se fosse lì, con l’espressione di allora, con la stessa bellissima voce, e lui adesso provava tutta la voglia di rispondere a quel forte richiamo, dire subito a lei le cose che gli erano parse superflue in altri momenti, ma che ora parevano tutte rifiorire nella sua mente, quasi a fargli ancora provare sensazioni lontane.

Velocemente però tutto parve svanire, se non quell’affanno sempre più forte, quella concretezza del male che tornava a martellare il suo corpo, a renderlo incapace di qualsiasi altra cosa che non fosse soffrire senza rimedio. Poi Luciano la vide di nuovo quella ragazza, era lì, accanto a lui, gli diceva di farsi coraggio, che tutto ciò che non era stato capace di dire e di fare era soltanto una parte poco importante. Ciò che sei stato invece non è marginale, diceva; il tuo percorso si è definito insieme ai tuoi gesti, ai tuoi pensieri, ai tuoi desideri. Non importa ciò che è rimasto apparentemente incompiuto o non fatto; era così che le cose dovevano andare, la tua vita è sia ciò che sei stato, che ciò che avresti desiderato di essere.

Bruno Magnolfi

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