lunedì 13 dicembre 2010

L'uomo che cerca di fare.



L’uomo elenca mentalmente le cose da fare, mentre scende le scale del condominio dove abita da quasi dieci anni. Non sono molti gli impegni a cui vuole adempiere in quella mattina, eppure tutto questo non lo fa sentire a suo agio, e mentre le sue scarpe risuonano allegre sui gradini di marmo, lui si sente già scoraggiato ancora prima di cominciare. La giornata appare grigia, con il cielo coperto di nuvole, anche se la strada davanti al suo palazzo sembra la stessa di sempre, una striscia spersonalizzante di asfalto che va in due direzioni opposte tra loro.

L’uomo decide di prendere l’autobus e si dirige di fretta verso la più vicina fermata, in fondo alla via, ma mentre cammina incontra un vicino di casa che lo ferma per aggiornarlo su alcuni problemi relativi ai ripetuti schiamazzi notturni nell’area dei parcheggi. Lui dice che adesso non ha proprio il tempo per poterne parlare, ma l’altro insiste, così lui gli promette di suonargli il campanello di casa appena sarà di ritorno, in modo da poter esaminare quell’argomento con calma. L’altro dice un po’ a malincuore che gli va bene, ma che quelli sono temi da affrontare una volta per tutte, come per ammonirlo, poi lo saluta.

L’uomo attende qualche minuto insieme ad altre persone che non conosce prima di salire sull’autobus rumoroso e sgradevole, timbra un biglietto che aveva, e poi si appende ad una maniglia restando in piedi perché i posti a sedere sono tutti occupati. Quando scende dal mezzo pubblico qualche goccia di pioggia è già cominciata a cadere, e lui non ha preso l’ombrello con sé, così si ripara la testa con la sua cartella dei documenti e affretta il suo passo. Quando arriva presso lo studio dell’avvocato chiede di lui, ma la segretaria gli risponde che il dottore sarà presente in ufficio soltanto nel pomeriggio.

L’uomo torna ad uscire, copre a piedi un paio di isolati con una pioggerella sottile che lo infastidisce, ed entra dentro a un negozio, giusto il tempo per ritirare un pacco di carta intestata con il suo nome e la sua attività, materiale che aveva ordinato in precedenza, telefonicamente. Quando torna per strada sa che deve andare all’ufficio postale, ma vista la pioggia e la fila di gente che sicuramente ci troverà, si chiede più volte se ne valga la pena. Infine, senza un briciolo minimo di voglia sincera, si avvia verso l’agenzia del suo quartiere, acquista un ombrello lungo la strada, e decide di andare fino lì a piedi, tanto è il tragitto medesimo per tornarsene a casa.

L’uomo arriva alle poste, ritira il biglietto col numero, attende paziente che gli altri prima di lui sbrighino le proprie cose. Quando è il suo turno spedisce le raccomandate che aveva già preparato, si lascia restituire le ricevute dall’impiegata, e infine riprende con il suo ombrello la strada di casa. Le auto paiono scivolare sull’asfalto bagnato, le poche persone sui marciapiedi sembrano stizzite del tempo inclemente; lui pensa a se stesso mentre cammina, la testa e le spalle ben riparate da quel suo parapioggia. Infine incontra una signora con un piccolo cane al guinzaglio, ferma, mentre l’animale orina su un’aiuola intorno ad un albero.

L’uomo assesta con rabbia una pedata a quel cane, guarda negli occhi la signora che ha un moto di protezione verso il suo piccolo animale, forse vorrebbe anche tornare a infierire di nuovo, se non fosse che quella donna ha parole di fuoco verso di lui, alzando la voce, e solo questo alla fine lo porta a desistere. Poi se ne va, sempre con l’ombrello nella sua mano, indifferente alle due o tre persone che si sono accostate alla donna, per cercare di capire che cosa sia successo. Non ha alcuna importanza, pensa l’uomo tra sé, in fondo questa è solo una giornata qualsiasi; cosa conta in questo momento se non sarò mai più lo stesso: un giorno doveva pur capitare.

Bruno Magnolfi

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