domenica 9 giugno 2013

Urgenza di cambiamento.

            
            Ormai avevo deciso: da quel momento in avanti avrei usato una maggiore precisione nel tenere a memoria nomi, luoghi, situazioni e fatti. Si trattava di una variazione di comportamento del tutto epocale per me, abituato da sempre come ero, ad atteggiarmi in modo pressappochista, persino superficiale certe volte, e in qualche caso addirittura ambiguo. Questo proposito, preso dopo molte riflessioni, al momento mi procurava già una certa ansia, considerato l’impegno a cui mi esponevo. Comunque si trattava senza dubbio di qualcosa di fondamentale per me: dare importanza a certe cose magari tralasciandole molte altre, ed evitare qualsiasi parere, giudizio, convincimento; delle informazioni prescelte studiarne i dettagli, scavare nei particolari, fino a trovare delle connessioni esatte che mi permettessero di tenere a mente la maggior quantità possibile di notizie precise, e sottrarsi in questo modo all’ordinario e superato formarsi di una semplice opinione.
            Non volevo parlarne a nessuno di questo progetto, così, fin dai primi giorni, mi costringevo a fingere con gli altri, pur con molte difficoltà, un comportamento identico a quello che avevo sempre avuto, anche se allo stesso tempo dentro di me cercavo di portare avanti il lavoro che mi ero prospettato di affrontare. Avevo anche iniziato ad analizzare alcuni presupposti: incamerare dati, pensavo, probabilmente era un fatto naturale, ma a me era sempre parso che tutto quanto fosse parte di un’idea generale del mondo che andava giorno dopo giorno semplicemente a depositarsi nella coscienza. Ricordarsi di ogni particolare come elemento a sé stante, invece, cambiava completamente le cose. Mi sentivo all’improvviso libero di non farmi più un’opinione generale, nessun giudizio sulle cose del mondo, annullamento di ogni ordinario punto di vista, e questo mi pareva un vantaggio assolutamente innegabile.
            Gli amici al caffè avevano preso a guardarmi con un certo sospetto mentre lasciavo degli ampi silenzi su argomenti dei quali normalmente in passato aveva sempre espresso un parere. Pur non volendo calcare la mano, adesso preferivo dilungarmi su certi dettagli piuttosto che dire che cosa pensavo in generale. Uno mi aveva addirittura chiesto se stessi male, ma io avevo semplicemente sorriso: in fondo la necessità di cambiare era nell’aria, secondo il mio tacito parere; e non si poteva peraltro disconoscerne a lungo l’urgenza. Le cose di cui adesso parlavo con tutti, si limitavano ormai sempre più all’esposizione di fatti infarciti di date, di nomi e di altri particolari, tralasciando qualsiasi parere in merito. Erano i dettagli a spiegare il mondo, nient’altro.
            Uno dei ragazzi al caffè, forse comprendendo il mio nuovo spirito, mi aveva voltato decisamente le spalle, evitando persino di rivolgermi la parola. Qualcosa non va, gli avevo chiesto sorseggiando come sempre il mio bicchiere di birra; e lui lentamente aveva voltato il dorso verso di me, poi mi aveva guardato a lungo, e infine aveva detto: neppure io ho un’opinione precisa, però forse come te credo che l’epoca del dialogo sia ormai al tramonto. Stiamo qui, beviamo in silenzio, assaporiamo il gusto dei risultati di calcio e delle ultime elezioni politiche, ma senza farci neppure un’idea per il prossimo futuro. Questo è ciò che ci vuole, il resto è chiacchiera insulsa.

            Bruno Magnolfi

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