Certe volte potevi incontrarlo nei pressi della stazione ferroviaria, sulla vasta piazza antistante, per esempio, oppure addirittura dentro l’edificio, mentre con attenzione seguiva il tabellone con gli orari delle partenze dei convogli, oppure, con il medesimo interesse, quello degli arrivi. In fondo, poi, tutto questo non aveva molta importanza: girando per strada avevi la sensazione che lui fosse perennemente lì, ad ogni angolo, con il suo sguardo attento, l’espressione seriosa di chi prende ogni cosa con scrupolo, lasciando i rumori, la confusione, il mescolarsi continuo delle cose in ogni via della città, ad uno stadio inferiore ai suoi interessi, come qualcosa da non prendere per nessun motivo in considerazione.
Pareva perennemente da solo, ecco il punto, ma non tanto da solo perché in mezzo alla gente, quanto perché la sua persona mostrava, rispetto a tutti, di mantenersi in una differente dimensione. Potevi fermarlo per strada, se ti andava, offrirgli un caffè, chiedergli come andassero le cose, ma non potevi sperare di ottenere delle risposte esaurienti. C’era indifferenza nei suoi occhi, certamente per tutto ciò che tu potevi dirgli, ma molto probabilmente anche per ciò che avrebbe potuto dirti lui.
Certe volte ti ritrovavi a cercarlo, come se la sua presenza in qualche modo fosse una rassicurazione, un elemento della realtà capace di far andare tutto per il verso giusto. Nessuno però chiedeva davvero di lui, quasi non esistesse.
Bruno Magnolfi
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