Giorgio spiega ulteriormente come certe volte tutto gli appaia come una
grande assurdità, e insiste dicendo che gli viene persino da ridere nel
vedere quanto certe persone riescano a prendere sul serio qualsiasi
argomento. Muove le mani mentre dice le cose, anche se non si sente
particolarmente a suo agio, forse perché vorrebbe dire di più delle sue
stesse parole, probabilmente gli piacerebbe anche spiegarsi in maniera
maggiormente dettagliata, ma sa che in fondo tutto questo non gli è
possibile, è la sua stessa natura che glielo nega, e in qualche maniera,
proprio per questo motivo, prova anche in quello stesso momento un
leggero disagio.
Giungono infine davanti al locale, entrano e si siedono ad un tavolino.
Se penso che ogni persona resta perlopiù indifferente nei confronti
degli individui da cui è circondata, dice Giorgio, mi pare che il mondo
sia solo una grande assurdità, anche se poi sono io stesso che non mi
comporto in maniera molto dissimile da tutti gli altri. Però credo che
sia come se la struttura delle cose ti ponesse normalmente in condizione
di non riuscire ad essere diverso, quasi che la tua volontà riesca ad
essere determinata da elementi che non entrano mai nel gioco generale,
pur restando i fondamentali di tutto quanto, la base dello stesso
sistema.
Lui lo guarda senza dire niente, restando sostanzialmente in
disaccordo, però ordina due birre piccole al cameriere, e forse avrebbe
voglia di parlare di cose meno faticose, e anche di lasciar perdere
quegli argomenti che sa perfettamente non porteranno da alcuna parte, né
adesso e né in seguito. Giorgio capisce da quel silenzio il punto di
vista dell’altro, e così lo guarda rivolgendogli un leggero e ironico
sorriso. Bevono, e fingono per un attimo di stare sul medesimo versante,
come se ci fosse una scelta vera e univoca al fondo dei loro modi di
essere.
Poi arriva Costanza, saluta i due appena sussurrando, lui la invita a
sedersi, lei si schernisce, dice che ha fretta, consegna a Giorgio un
piccolo foglio piegato a metà e poi esce, lasciando nell’aria un leggero
saluto con la mano, e nient’altro. E’ soltanto il nome di un nuovo
editore che vorrei contattare, dice Giorgio aprendo il foglietto, niente
di particolare. In un attimo però sembra che tutto quanto sia pronto a
cambiare, perfino l’aria stessa dentro al locale. Lui si alza dalla sua
sedia guardando qualcosa avanti a sé, l’altro lo osserva, dice: se vuoi
che andiamo, non c’è problema. Poi pensa meglio alle sue parole, si
ritrova a guardare anche lui il medesimo punto insignificante, e infine
aggiunge: siamo niente; appena usciti da qui la polvere coprirà il
nostro passaggio, la nostra piccola dannazione quotidiana è destinata a
svanire un attimo dopo che ce ne siamo occupati.
Nessuno dei due, se ci pensano, saprebbe dire chi ha pronunciato
davvero queste parole, però pagano in silenzio la bevuta, escono dal
locale, tornano indietro, lungo il viale, ed avvertono di nuovo i dubbi
di sempre che continuano a ronzare nell’aria, come inutili parole gonfie
soltanto di vapore caldo che esala, senza lasciare davvero alcun tipo
di traccia.
Bruno Magnolfi
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