martedì 26 febbraio 2013

Dialogo n. 10. Incomprensioni di donne.

 
Dialogo n. 10. Incomprensioni di donne.
Fumavano i due, appoggiati ad un muro, a godersi il sole cittadino di quel primo pomeriggio d’inverno. Avevo girato lì attorno, la mano infilata in una busta di plastica, in fondo al guinzaglio il barboncino nano della mia fidanzata.
Sorrise, aveva detto il primo al secondo. Io intanto avevo raccolto i piccoli escrementi che subito avevo gettato dentro al contenitore dei rifiuti vicino. Le piaceva, aveva subito dedotto l’altro, lasciando uscire una boccata di fumo in mezzo ai denti, e allargando le labbra.
Il cane si era seduto sul marciapiede, indifferente, come in attesa, ed io avevo cercato di dirgli qualcosa, ma senza che le mie parole avessero avuto nessuna minima importanza, restando in attesa, proprio come faceva lui, sul marciapiede, e cercando di decidere verso dove si avesse voglia di andare.
Non so, aveva come ribadito il primo uomo a quell’altro: aveva uno sguardo. Che sguardo, replicava il secondo con interesse, e intanto si voltava, come a guardare chi stesse giungendo, o se qualcuno stava giungendo, anche se non c’era proprio nessuno lungo quel marciapiede, se non io stesso, di spalle, ignorato, e il mio barboncino, inchiodati a tre o quattro metri da loro.
Contemporaneamente avevo cercato di tirare dolcemente il guinzaglio, giusto per togliermi dall’imbarazzo, naturalmente non ottenendo alcun risultato. Non so: uno sguardo, aveva detto l’uomo, forse soltanto per aprire una nebulosa di possibilità, che peraltro restava assolutamente impossibile da comprendere, secondo lui.
Intanto il cane si era deciso e ci eravamo così spostati più avanti, ma subito dopo il barboncino aveva voluto tornare indietro, sui nostri passi, ed io lo avevo seguito, naturalmente odiando il giorno in cui mi era presa l’idea di regalare quel cucciolo alla mia fidanzata.
I due avevano continuato a fumare, abbagliati dalla luce calda del sole e forse dal pensiero di uno sguardo che non erano riusciti del tutto a decifrare. Poi uno aveva concluso: sono tutte così, come a spiegare che non valeva neppure la pena di stare a parlarne. Io naturalmente avevo annuito, ma poi il barboncino aveva tirato il guinzaglio da un’altra parte, proprio per farmi capire che desiderava portarmi da tutt’altra parte, una volta per tutte.
Bruno Magnolfi

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