Dialogo n. 10.
Incomprensioni di donne.
Fumavano i due,
appoggiati ad un muro, a godersi il sole cittadino di quel primo
pomeriggio d’inverno. Avevo girato lì attorno, la mano infilata
in una busta di plastica, in fondo al guinzaglio il barboncino nano
della mia fidanzata.
Sorrise, aveva detto il
primo al secondo. Io intanto avevo raccolto i piccoli escrementi che
subito avevo gettato dentro al contenitore dei rifiuti vicino. Le
piaceva, aveva subito dedotto l’altro, lasciando uscire una boccata
di fumo in mezzo ai denti, e allargando le labbra.
Il cane si era seduto
sul marciapiede, indifferente, come in attesa, ed io avevo cercato di
dirgli qualcosa, ma senza che le mie parole avessero avuto nessuna
minima importanza, restando in attesa, proprio come faceva lui, sul
marciapiede, e cercando di decidere verso dove si avesse voglia di
andare.
Non so, aveva come
ribadito il primo uomo a quell’altro: aveva uno sguardo. Che
sguardo, replicava il secondo con interesse, e intanto si voltava,
come a guardare chi stesse giungendo, o se qualcuno stava giungendo,
anche se non c’era proprio nessuno lungo quel marciapiede, se non
io stesso, di spalle, ignorato, e il mio barboncino, inchiodati a tre
o quattro metri da loro.
Contemporaneamente avevo
cercato di tirare dolcemente il guinzaglio, giusto per togliermi
dall’imbarazzo, naturalmente non ottenendo alcun risultato. Non so:
uno sguardo, aveva detto l’uomo, forse soltanto per aprire una
nebulosa di possibilità, che peraltro restava assolutamente
impossibile da comprendere, secondo lui.
Intanto il cane si era
deciso e ci eravamo così spostati più avanti, ma subito dopo il
barboncino aveva voluto tornare indietro, sui nostri passi, ed io lo
avevo seguito, naturalmente odiando il giorno in cui mi era presa
l’idea di regalare quel cucciolo alla mia fidanzata.
I due avevano continuato
a fumare, abbagliati dalla luce calda del sole e forse dal pensiero
di uno sguardo che non erano riusciti del tutto a decifrare. Poi uno
aveva concluso: sono tutte così, come a spiegare che non valeva
neppure la pena di stare a parlarne. Io naturalmente avevo annuito,
ma poi il barboncino aveva tirato il guinzaglio da un’altra parte,
proprio per farmi capire che desiderava portarmi da tutt’altra
parte, una volta per tutte.
Bruno Magnolfi
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