domenica 24 febbraio 2013

Compiutezza.


            
      
            La stanza è la stessa di sempre, Corrado ancora sdraiato continua ad osservare le piccole crepe che con il tempo si sono formate in mezzo all’intonaco, imbruttendo ancora di più il già orrendo bianco ingiallito della tempera vecchia sulle pareti. Lei poco prima si è spogliata, di fretta, forse anche troppo, e Corrado, da un punto di osservazione completamente distaccato da sé, ha guardato la scena con una certa riprovazione, non tanto per ciò che subito dopo è accaduto, quanto per il vago squallore di cui si è sentito partecipe.
            Il sole caldo e piacevole del primo pomeriggio entra dalla finestra filtrato dalle tende verdine, e tutto sembra la messinscena perfetta per qualcosa di importante che nei suoi pensieri è come se ancora debba accadere, nonostante il fatto che nella realtà tutto sia stato già consumato. Improvvisamente Corrado guarda la donna, sente l’impulso forte di farle del male, forse di strangolarla, di stringerle la gola fino a vedere la sua faccia paonazza e insopportabile cercare di urlare qualcosa senza averne minimamente la capacità, ma non fa niente.
            A poco importa pensare che si conoscono da tanto tempo, che giornate come quella che stanno trascorrendo in quella camera ce ne sono state moltissime altre; la cosa fondamentale è il coraggio che serve affinché quel pomeriggio per loro sia l’ultimo. Non il coraggio di un gesto importante, quanto il piccolo impegno in qualcosa che continuano ambedue a rimandare, accarezzando l’abitudine come una vecchia gatta egoista, alla quale per indolenza è difficile rispondere male o per niente.
            Le parole da trovare poi, anche soltanto per sortire da quel momento intimo di progressivo distacco, si dimostrano sempre più ostiche ad uscire dalle loro bocche, incapaci come sono di veicolare la benché minima onesta riflessione su quello che perdurano ad essere, in quel vedersi senza futuro, incontrarsi senza riuscire a scambiarsi quasi più niente.
            Corrado si sente vecchio, ormai lontano anche da qualsiasi passione. Lei subito dopo si vergogna addirittura della sua nudità: insieme sono soltanto due poveri sciocchi senza argomenti. Infine si ricompongono, tornano in fretta ad indossare i loro vestiti, poi si avvicinano alla porta di uscita: devono salutarsi, come sempre fanno a quel punto, un bacio frettoloso e qualche ragguaglio su come rivedersi e quando risentirsi, ma c’è un attimo improvviso che cambia qualcosa in quel rito. Corrado l’abbraccia, non sa per quale motivo, però sente che deve fare così, lei se lo stringe a sé quasi sentisse perfettamente che quella è l’ultima volta, e infine, senza neppure tornare a guardarlo, lo spinge leggermente, fino a farlo uscire sul pianerottolo, e subito, pur lentamente, richiude la porta sulla sua faccia sorpresa, senza neppure una sola parola, anche se d’improvviso sa perfettamente che tutto adesso è assolutamente compiuto.  
            Bruno Magnolfi

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