Il ragazzino è come tutti gli altri, dicono in paese. Poi però ti
spiegano che se lo piazzi lì, in una stanza oscurata, e lasci che lui si
concentri circondato dalle persone giuste, ecco che all’improvviso
inizia a dire delle cose che non si sono mai sentite. Come se parlasse
qualcun altro al posto suo, e lui prestasse soltanto la sua voce. Storie
vecchie, per la maggior parte delle volte, cose antiche, roba che
nessuno conosce o si ricorda, e che sicuramente neppure lui può
conoscere, ma che invece quel ragazzo sembra proprio di sapere,
dicendole con chiarezza anche se con frasi contorte, spiegandosi però
come se le sue parole uscissero da un’altra fonte, arrivassero da
un’altra persona; lui rivela tutto come se non fosse lui a parlare, e
questo succede proprio nello stesso momento in cui invece se ne rimane
lì, tranquillo, a raccontare in mezzo agli altri verità stranissime,
addirittura con una evidente indifferenza verso ciò che spiega e anche
verso tutto il resto.
Lo incontri per strada e naturalmente ti volti ad osservarlo: è
soltanto un ragazzino, pensi, eppure sembra che abbia una luce strana
che lo illumina, un’espressione sul viso che non hai mai visto, qualcosa
che te lo fa sentire subito distante, differente da tutti gli altri. Ci
pensi ed avresti voglia di schiacciarlo, di eliminare la sua presenza
da qui, di toglierlo di torno, e che non abbia più a posare il suo
sguardo di indifferenza su di noi. Lo vedi e sai perfettamente che non è
uno come tutti, anche se non sai dire da che cosa dipende questo tuo
giudizio, perché non c’è niente che non vada, almeno in apparenza, solo
che non è uno di noi, e questo lo capisci subito.
Però c’è anche un’altra cosa, in paese lo sanno quasi tutti: tu stai
lì, certe volte, magari a bere un bicchierino al banco nello stesso
locale dove per combinazione si trova anche lui; o all’ufficio postale,
per esempio, in coda come gli altri, o in un negozio a comprare qualche
cosa; lo vedi lì, fermo, e all’improvviso ti senti caldo addosso, un
caldo da scoppiare, oppure provi un grande freddo, con dei brividi quasi
innaturali. Ti sembra tutto assurdo, cerchi di scrollarti di dosso
quelle sensazioni, ma non c’è niente di strano quando c’è di mezzo
quell’assurdo ragazzino. E’ lui, semplicemente con la sua presenza, che
sta alterando tutte le tue percezioni, e tu non puoi proprio fare
niente, se non startene lì a subire quella sua influenza negativa.
Lo guardi, e lui è immobile, con un’espressione sempre identica sopra
la sua faccia, quasi come se sorridesse dentro di sé per quello che
succede, o forse dei suoi strani poteri, della sua personalità così
incomprensibile, almeno a noi che cerchiamo solo di mandare avanti
un’esistenza normale e dignitosa. Lo lasci perdere se per caso lo
incontri lungo la strada principale del paese, ma per quanto cerchi di
tenertelo a debita distanza, te lo ritrovi sempre lì, a pochi passi,
nelle circostanze di dove ti trovi, con la sua luce odiosa che si porta
dietro, e se continui a camminare pensando ad altro o ai fatti tuoi, ti
ritrovi all’improvviso sempre vicino alla casa dove abita, senza saperti
spiegare come mai succede questo, e semplicemente avresti voglia di
abbatterla, quella abitazione, di raderla al suolo in fretta e di
sotterrarne le macerie in un’enorme buca nella terra.
Non escludo che uno di questi giorni succeda qualche cosa: non è
proprio possibile continuare a sopportare questa presenza inquietante e
inammissibile. Qualcuno di noi farà qualcosa, lo so quasi con certezza;
prenderanno il ragazzino e gli metteranno un cappuccio sulla testa, poi
lo porteranno in qualche zona chissà dove, e gli intimeranno di non
farsi più vedere nel paese. Succederà, lo so per certo, e non sarà colpa
di nessuno quando accadrà qualcosa di quel genere, perché non è più
sopportabile la sua presenza, e si deve pur fare qualche cosa, dobbiamo
difenderci per forza da chi non ti fa mai stare tranquillo, ad occuparti
delle tue cose normali.
Bruno Magnolfi
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