C’è
una siepe piuttosto fitta che corre a fianco del muro di cinta, e sopra
al muro di cinta c’è una ringhiera di ferro piuttosto alta, e sulla
cima le punte. Percorro mentalmente il giardino senza farmi vedere, devo
avere anche un po’ di fortuna, scegliere il momento più adatto e
sperare che nessuno volti lo sguardo dalla mia parte. In un punto dove
le piante sono più rade riesco sicuramente ad oltrepassare la siepe, poi
piazzo un piede sopra al muretto, mi tiro su con le mani, sulla
ringhiera, infilo un piede in mezzo alle punte, scavalco alla meglio il
recinto facendo attenzione a non imbrogliare i vestiti, e mi lascio
andare di là, nel mondo libero.
C’è
un viale che costeggia la parte sul retro di questo edificio, non so
per dove porti, non lo ricordo, i miei pensieri spesso sono confusi,
però con un certo impegno potrei percorrerlo tutto di corsa, o almeno
con il mio passo svelto, e ritrovarmi da qualche parte, che so, ad un
incrocio, o su una piazza magari, in un luogo qualsiasi dove qualcuno
possa darmi una mano.
Ci
penso ogni giorno a questo progetto, certe volte anche a lungo, fino a
trovare soluzioni perfette che purtroppo dimentico in fretta, ma dopo
tutto questo tempo che ho dedicato alla mia idea, so per certo che
quando deciderò finalmente di metterla in atto, niente potrà andare
storto. Questa casa non permette un’altra via per uscire, il cancello
principale si chiude con un automatismo la cui chiave è custodita dai
miei parenti, e tutto il giardino è interamente chiuso con la
recinzione. Non sopporto nessuno della gente che abita in questa casa,
compresa la servitù: tutti loro dicono che non potrei stare meglio che
qui, ma io non ci credo: è la libertà che mi manca, la possibilità di
fare quello che voglio.
Avevo
pensato di calarmi da un albero, pochi giorni più addietro, ma è troppo
difficile, e poi avrei bisogno di una corda ben lunga, saper fare i
nodi, e dovrei avere una forza nelle mie mani che invece non ho. Sono
sicuro che qui mi avvelenano, giorno per giorno; mettono qualcosa nel
cibo: calmanti, sonniferi, medicinali di qualsiasi genere, composti
chimici che riescono a tenermi pacato, tranquillo, quasi privo di
qualsiasi volontà. Per questo mangio pochissimo, per evitare i loro
veleni. Mi alzo da tavola, vado nel bagno e sputo i pochi bocconi che ho
messo in bocca. Ma devo stare attento, loro mi tengono sotto controllo,
sono convinto che potrebbero giungere al punto di farmi qualche
iniezione per farmi dormire, evitando così di preoccuparsi ulteriormente
di me.
Io
giro per casa e in giardino per tutto il giorno, cerco sempre una
soluzione migliore per aggiornare il mio piano; fingo di leggere
qualcosa, o di preoccuparmi di qualche pianta che mette le foglie oppure
fa i fiori. Ma non è questo che mi interessa. Ho bisogno di andarmene,
respirare un’aria diversa, vedere cosa c’è in fondo al viale, parlare
con qualcuno che possa aiutarmi, comprendere la mia situazione, portarmi
con sé in un luogo migliore di questo. Perché ce ne sono moltissimi di
posti migliori di questo, ne sono convinto, e devo andare a vederli,
scoprirli, meravigliarmi di come son fatti, perché questa è la vita,
nient’altro.
Bruno magnolfi
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