Attraverso la strada,
non transita alcuna vettura, gli unici rumori che sento sono quegli stessi
prodotti dalle mie scarpe sul marciapiede. Scendo il gradino, appoggio il piede
sinistro con disinvoltura, ma proprio in quel punto la pioggia recentemente caduta
ha formato una leggera fanghiglia, sufficiente a compromettere il mio
equilibrio. Cerco di riprendermi da quella precaria condizione appoggiando
velocemente a terra l’altro piede, ma scopro all’improvviso di essere troppo
vicino ad una insidiosissima piccola pozza fangosa, e che ormai sto scivolando,
repentinamente, senza possibilità di recuperare.
Per istinto allungo
le mani in avanti, cerco di salvare il salvabile, ormai devo accettare ciò che
sta succedendo, non posso far altro, la mia sbadataggine mi ha fatto giungere
fino a quel punto. Mi ritrovo disteso, lungo la strada, le mani e gli
avambracci immersi in quella scura e vischiosa fanghiglia, densa e anche fredda,
quasi un prodotto fatto apposta per sporcare qualsiasi cosa la sfiori. Cerco di
rialzarmi velocemente, sento dolore ad un braccio, ma non è niente di grave,
soltanto una piccola lussazione, nient’altro.
Da lontano qualcuno
mi vede, viene verso di me, mi osserva, dice qualcosa come per mostrarmi la sua
solidarietà, poi si allontana. I miei abiti sono tutti infangati, le mani e i vestiti
sgocciolano dappertutto acqua sporca, mi sento in condizioni penose. Rimango
fermo per raccogliere un momento le idee, poi cerco in qualche tasca un
fazzoletto per ripulirmi alla meglio. Il senso di sgradevole che ho provato
sull’immediato, adesso si attenua leggermente: osservo il piano stradale e non
mi pare così odioso come in un primo momento. Sicuramente ad altri è accaduta
la medesima cosa, penso, e intanto riprendo a camminare, anche se lentamente,
continuando a strofinare le mani con il fazzoletto. Non è poi brutto come
potrebbe sembrare sporcarsi un pochino, penso: in fondo siamo tutti un po’
sporchi, nessuno di noi può immaginare di conservare perennemente immacolato se
stesso, come fossimo tutti degli esseri puri.
Riprendo il mio
passo, mi pare di avere accettato tranquillamente ciò che è successo, ne sono
contento, all’improvviso mi sento perfino orgoglioso di avere un carattere che
si adatta così facilmente a condizioni sicuramente difficili ma inevitabili.
Giro ad un angolo, poco più avanti c’è un bar, entro dentro infangato come mi
trovo, e vado a sedermi. Il cameriere dice buonasera, io gli sorrido, chiedo
una birra, poi giro un’occhiata generale in tutto il locale: i clienti adesso
mi paiono tutti un po’ come me, sporchi; probabilmente ognuno ha una sua macchia,
cerco di riflettere, qualcosa che la rende una persona vissuta, un cittadino
come tutti noi siamo. Sono contento, penso, non c’è niente di diverso tra me e
loro, bisogna assomigliarsi per vivere bene, è questo l’elemento più importante
di tutto.
Bruno Magnolfi.
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