Una
stessa immagine, un identico pensiero, tutto pare combaciare, come un
miracolo di sintonia. Basta un sospiro, si torna a fermare lo sguardo
nello stesso punto, immaginandoci lo stesso risultato, e invece qualcosa
si è mosso, c’è una variazione, e quegli aspetti non sono già più gli
stessi: è passato ancora un minuto, che dico, solo un momento, ed adesso
indubbiamente tutto è diverso. Inutile cercare di trattenere qualcosa:
il punto di vista muta, la luce trascolora, il pensiero va ad inciampare
in cose che prima non c’erano, e tutto in quell’attimo è ormai
differente, in un modo definitivo. “Il sole al tramonto giocava con i
vetri delle finestre, quelle stesse finestre delle case gialle
dell'ammiragliato”, pensava molti anni dopo la ragazza d’età più giovane
di quella che a all’epoca voleva dimostrare; si ricordava distintamente
di quel niente nella luce che cambiava in un momento qualsiasi
prospettiva. “Le piazzette vicine erano piene di bimbi rumorosi, con le
mamme dai vestiti colorati che portavano a spasso i piccoli con la
carrozzina, e le panchine erano gremite di gente, mentre si scorgevano
drappelli di uomini anziani in piedi, intenti a scommettere sempre su
qualcosa, e da una parte il gelataio ormai stanco rigovernava quel suo
chiosco. A volte, presa dai giochi, mi attardavo, e me ne accorgevo solo
quando ormai le luci all'interno delle case e lungo tutta la zona del
porto erano accese, e brillavano come cerchietti stellati di fette di
limone; e se poi alle luci facevano seguito i rintocchi delle campane
della chiesa di Santa Teresa, era davvero tardi, dovevo correre a casa, a
perdifiato, proprio nell'ora più bella; infatti a quell'ora
d'improvviso gli schiamazzi dei ragazzi e i garriti delle rondini
scemavano, e l'aria tornava a profumare di mare e di oleandro, e le
ragazze a coppie lentamente scendevano ad affollare il viale alberato,
fronteggiante la Villa; di lì a poco si sarebbe sentita la sirena,
quella che segnava l'ora della libera uscita dei marinai, ed i sogni
pensati con la coscienza, quelli che non confidavamo neppure tra di noi,
diventavano d’incanto ragazzi vestiti di bianco, bellissimi, con il
fascino della gente di fuori, di altra cultura, di diversa sensibilità,
differenti per forza dalle solite cose a cui si era abituati. Poi si
rientrava davvero, finalmente, ma ci sembrava d’improvviso tutto
diverso, davvero cambiato senza che neppure se ne capisse il motivo, e
l’unico elemento stabile, quello rimasto vero e immutato, proprio come
prima, era quel grumo di sogni spremuti e persi nel fondo di noi; e un
po’ avevamo pena di quella ragazza che aveva preso quei sogni troppo sul
serio…”.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento