venerdì 10 settembre 2010

Senza alcuna parola



Lo schiaffo non era stato particolarmente forte, ma il risultato lo aveva ottenuto ugualmente: lui era rimasto immobile, quasi incapace di comprendere cosa fosse effettivamente accaduto. Lei, con una certa freddezza, lo aveva lasciato parlare, aveva voluto misurare fino a che punto riusciva ad essere falso. Era rimasta in silenzio, lo aveva ascoltato, aveva lasciato che lui cercasse di apparire quello di sempre.

Si era fatta portare fino alla loro solita panchina, quella dove avevano deciso di mettersi assieme ormai diversi mesi più indietro; quella dove si erano baciati per la prima volta, superando i dubbi e la timidezza della loro età di ragazzi; proprio lì, dove insieme avevano capito che valeva la pena di affrontare in due la realtà di ogni giorno. Mentalmente aveva ripercorso tutte le tappe che insieme avevano raggiunto, l’intimità, la dolcezza, la scoperta di avere affinità insospettabili. E poi quel presentarsi abbracciati davanti agli amici, quella prova forse più entusiasmante di tutte, quasi un’iniziazione alla vita, all’amore, ai rapporti sociali.

Era salita sul motorino di lui dopo la scuola come sempre quel pomeriggio. Avevano percorso i viali per lasciarsi alle spalle il traffico e tutta la gente, avevano arrampicato la collina lungo la strada piena di curve per raggiungere quella piccola piazzetta rialzata, così fuori mano, regolarmente deserta, il loro punto d’arrivo di tanti pensieri, di tanti discorsi, del loro entusiasmante confronto.

Avevano osservato il panorama, si erano lasciati scaldare al sole sonnacchioso e piacevole, lei aveva continuato ad ascoltare i suoi discorsi di sempre, gli scontri in famiglia, le difficoltà col fratello più grande, i risultati poco entusiasmanti al liceo. Poi aveva chiesto qualcosa a proposito di una ragazza che da sempre faceva la stupida con tutti, e lui non aveva saputo rispondere, si era fatto rosso in faccia, si era imbrogliato del tutto.

Lei sapeva cos’era successo, erano già andate le sue amiche a raccontarle tutto quella mattina, ma non aveva voluto credere niente, aveva chiesto silenzio, non aveva voluto sentire neppure un’altra parola. Si era fatta trovare sotto casa come sempre da lui, lo aveva guardato giusto un attimo, e aveva capito subito che quei discorsi erano veri.

Continuava a chiedersi dove stesse il motivo per fare un gesto del genere, per sciupare ogni cosa in un modo così poco maturo. Adesso gli aveva dato uno schiaffo, senza dire niente, senza usare nemmeno mezza parola: lo meritava quel gesto, meritava senz’altro quel suo disprezzo; ma le parole forse sarebbero state un po’ troppo, pensava, inutile spiegare le cose evidenti, insensato parlare di gesti e emozioni che era impossibile descrivere. Lasciava a lui adesso tutte le parole possibili, tutti i discorsi che sarebbe riuscito a comporre, perché solo se fosse stato bravo davvero sarebbe riuscito a riaverla. Il suo silenzio dietro allo schiaffo era la sola espiazione che lei riusciva ad imporgli.

Bruno Magnolfi

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