venerdì 27 agosto 2010
Il principio di qualsiasi pensiero
La brezza leggera di questa mattina giunge piacevole a muovere con delicatezza le foglie degli alberi, e tutti gli oggetti del mondo, pur disposti in maniera spesso casuale, paiono sistemati in modo studiato a creare le coreografie delle scene che probabilmente si svolgeranno nella giornata. Le persone camminano, si salutano a volte, incontrandosi, spesso si sfiorano senza sapere niente l’una dell’altra, ma tutto il disegno che le muove appare funzionale, logico, organico a quello che deve accadere.
Ho avvertito durante la notte le avvisaglie di qualcosa che si è mosso nell’ombra, le mie percezioni mi hanno convinto che ci sono dei fatti che devono accadere, forse non sono l’unico ad averne sentore, non sono il solo ad aver compreso che questo sarà probabilmente un giorno speciale, in ogni caso devo cercare l’origine dei cambiamenti, il fulcro del divenire.
Mi muovo per casa dopo aver riflettuto a lungo nelle mie osservazioni della città fatte dalla finestra: adesso ho bisogno di uscire, incontrare la gente, ascoltare i messaggi ulteriori che mi possono giungere a completamento del quadro che ho iniziato ad formarmi, quello che mi è stato suggerito dalle voci invisibili. Mi hanno parlato stanotte, lo hanno fatto direttamente nelle mie orecchie, mi hanno spiegato che niente sarà più lo stesso, ed io mi sono svegliato di colpo, con la faccia sudata, le mani rattrappite, il terrore negli occhi. Ma ancora non so niente, ho solo la sensazione di qualcosa che deve accadere, ma non so dove, in che modo, che cosa.
Cammino lungo la strada, frugo con gli occhi i bordi dei marciapiedi e gli angoli delle case, ma niente pare darmi una spiegazione ulteriore: nessun segno si manifesta in modo più chiaro. Continuo a cercare, mi muovo, cambio quartiere. C’è gente che entra e che esce continuamente da dentro ai negozi, osservo le scarpe delle persone, mi pare sia da lì che possa derivare la spiegazione che cerco. Poi entro anche io in una bottega, non so neppure per quale motivo, davanti al banco ci sono tre o quattro persone che fanno la fila aspettando di essere servite. Osservo tutto il negozio, gli scaffali, i prodotti che sono lì esposti, ma non vedo niente, non c’è niente che mi stimoli i sensi.
Torno sul marciapiede, vado ancora avanti, poi mi infilo dentro a un mercato al margine di una piazza. C’è profumo di ortaggi nell’aria, qualcosa mi dice che quello è il posto in cui posso avere gli elementi che cerco, il luogo giusto insomma; su qualche espressione inizio a leggere uno smarrimento che prima non c’era, affiora qualcosa tra i pensieri delle persone che si muovono tra le bancarelle, punti interrogativi importanti, necessità di chiarezza per i dubbi che insistono nelle menti di quella gente.
Vedo una donna, la guardo da dietro, so con certezza che è lei quella che sa. Mi avvicino, la sfioro, una specie di energia elettrica emana dalla sua persona, sarà lei e nessun altro, penso, che potrà spiegare ogni cosa. La seguo, cerco un collegamento con i suoi pensieri, sento ad un tratto un forte formicolio nella mia testa, come se migliaia di informazioni mi giungessero contemporaneamente, senza avere la capacità di riceverle correttamente e metterle in ordine.
Poi lei si ferma, si volta, mi guarda: i suoi occhi sono di ghiaccio, il suo sguardo magnetico mi spinge chissà verso dove. Si allontana, la guardo, non dimenticherò facilmente questo messaggio: ogni cosa è perduta per me, ora lo so, adesso dovrò ricominciare tutto daccapo.
Bruno Magnolfi
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