lunedì 9 agosto 2010
Qui, sotto questo cielo plumbeo
Qui, sotto questo cielo plumbeo
Le nuvole erano spuntate timidamente da dietro le colline, poi si erano come distese e accorpate, e fattesi coraggio avevano iniziato ad avanzare come un fronte unito. Il ragazzo si era sdraiato sull’erba di una piccola radura lontana dove andava ogni volta che litigava con suo padre, ed era rimasto lì, a guardare il cielo e l’arrivo di quelle nuvole scure e minacciose, senza tornare a casa neppure per il pranzo. Inesorabilmente il sole era sparito velocemente dietro quelle prime cortine spesse di vapore, e lui era rimasto disteso per lungo tempo ad osservare quei cambiamenti meteorologici che avvenivano sopra la sua testa, attratto da quelle masse che si muovevano e si attorcigliavano velocemente in grandi batuffoli grigi dalle mille sfumature.
La giornata in poco tempo era apparsa spiacevole e ventosa anche se interessante per via del temporale che si faceva avanti, e la natura intorno sembrava richiudersi in se stessa nell’attesa del peggio. Il ragazzo era andato sotto un albero, cercando protezione, si era seduto tra le radici e aveva accostato la schiena al tronco, alla ricerca di una posizione migliore da cui valutare il da farsi. Una pioggerella fina era iniziata a cadere poco dopo, ma lui si era ancora mosso soltanto quando quella si era fatta un po’ più consistente, e allora, con una corsa disperata, aveva raggiunto una tettoia per il fieno che conosceva, a qualche centinaio di metri da dove si trovava.
Il temporale aveva subito iniziato a battere forte sopra la lamiera malmessa, e il corollario di fulmini e tuoni pareva riuscire a scuotere tutta la campagna, tanto da mettere paura. Non aveva importanza, pensava il ragazzo, stringendo i denti: avrebbe smesso di piovere, prima o poi; e lui sarebbe rimasto lì anche dopo, una volta passata la burrasca. Non ci sarebbe tornato a casa, suo padre avrebbe dovuto andare a cercarlo se voleva rivederlo, pensava.
Poi smise, come tutti i temporali estivi, e le nuvole iniziarono a sfilarsi e a farsi più chiare, fino a quando il pomeriggio parve rimettersi al bel tempo. Il ragazzo restava immobile tra i brividi di freddo sotto alla tettoia, ma quando la sera aveva iniziato ad allungare le ombre degli alberi sull’erba, pensò che non avrebbe potuto passare lì la notte, così tornò sui suoi passi, di malavoglia. Da lontano vide la casa della sua famiglia con il tetto più scuro per via della pioggia, si avvicinò con curiosità ma gli parve che niente fosse diverso dal solito, tanto da dargli fastidio, quasi si fosse atteso dei cambiamenti per via della sua assenza che in realtà non erano avvenuti, come se le sue ragioni avessero avuto poco peso, forse anche nessuno.
Così passò dal retro, si mise seduto sopra un sasso umido giocando con qualche filo d’erba, e attese, quasi con indolenza. Sua mamma, quando si affacciò, gli chiese soltanto: ma dove sei stato?, intendendo durante il temporale; ma lui rispose svogliatamente, senza alzare gli occhi da quei fili d’erba: qui, disse soltanto, dove volevi fossi andato?
Bruno Magnolfi
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