martedì 10 agosto 2010
Oltre lo specchio
Dalla mia finestra guardo il mare. Una distesa piatta e azzurra, luccicante sotto al sole; se mi allontano dalla finestra della mia stanza sembra che il mare voglia entrare dentro, portandosi la sabbia, la salsedine, il suono metodico della risacca, tutto insieme come in un richiamo irresistibile, adagiato sopra questo vento di brezza dolce e fresca. Ieri invece era scirocco, e ha scosso a lungo la mia tenda: entrava a folate con il suo profumo ineguagliabile, e accarezzava i mobili lucidi di vernice trasparente, come le barche a vela di una volta, di legno marino, con il fasciame ricco di venature iridescenti.
Mi sono guardata nello specchio sopra al cassettone, ma non ho visto niente, o meglio, niente di diverso dal solito. Sono tornata ad osservare il mare invece, ed ho visto serpeggiare lunghe strisce composte da deboli raffiche di vento di terra e da timide correnti di superficie, e mi sono sentita portare via, di nuovo, come se solo quella vista custodisse la capacità di trascinarmi altrove, ogni volta.
Ho pensato che avrei dovuto affrontare la realtà, chiarire tutto, ma il mare ancora una volta mi mostrava la via degli istinti, dell’imperscrutabile, che pareva come se dicesse: lascia che sia, niente è definito, il tuo stesso percorso indica la direzione, ogni altra cosa sarebbe soltanto una forzatura.
Ho chiuso la finestra, sono scesa per le scale senza incontrare nessuno, ed in fretta ho raggiunto l’arenile. Sergio, il barista dello stabilimento balneare mi ha vista, mi ha sorriso, e senza dirmi niente ha preparato il mio caffè, come per un’intesa antica che non ha bisogno di parole. Mi sono sentita bene, e quando sono tornata a vedere la mia immagine nello specchio dietro al bancone del bar, ho visto di nuovo i miei capelli biondi, e mi sono sentita ricca di qualcosa che nessuno sarebbe mai stato in grado di comprendere.
Bruno Magnolfi
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