domenica 15 agosto 2010

Un uomo tra gli uomini .


Un uomo tra gli uomini


La confusione di gente che saliva e scendeva dai treni era notevole a quell’ora del mattino. L’uomo era uscito dalla stazione ferroviaria quasi con un senso di liberazione dopo aver attraversato buona parte di quell’edificio gremito ed essersi affacciato su quella grande piazza dominata dall’orologio e dalla bella giornata di sole. Aveva percorso pochi passi, quindi aveva rallentato il cammino come per riflettere meglio, poi si era fermato, decisamente perplesso.

Il traffico di auto era sostenuto lungo i viali che si dipartivano poco lontano da lì, e la fila di taxi in attesa di clienti era notevole. Tutto lì intorno pareva in continuo movimento, come una macchina enorme in cui ogni ingranaggio dava il suo apporto a tutto l’insieme. Lui si sentiva stonato, estraneo a tutta la giostra che ruotava là attorno.

L’uomo aveva voltato lo sguardo verso la stazione ferroviaria, si era soffermato di nuovo ad osservare tutta la piazza, poi si era guardato le mani, il giornale che aveva letto durante il tragitto seduto dentro allo scompartimento, la piccola borsa per documenti che teneva sotto al suo braccio. Aveva pensato, aveva continuato con tutte le sue forze a cercare di pensare ancora di più, ma una sorta di panico sembrava volergli salire da dentro, senza alcuna possibilità di scampo. Non ricordava più dov’era diretto, perché avesse preso il treno quella mattina, in quale città si trovasse, niente.

Vide un caffè e vi entrò; si sedette ad un tavolino e con modi nervosi aprì la sua borsa. Dentro c’erano soltanto dei moduli relativi alla dichiarazione dei redditi. Lesse il suo nome e lo riconobbe, alcune altre notizie gli parvero veritiere, ma non confermate. Arrivò il cameriere che non fece caso alla sua fronte imperlata di sudore, gli servì in fretta il caffè e sparì tra i tavolini. Trovò nella tasca il suo portafogli ed un documento, seppe così la città da cui proveniva, ed un nome sulla facciata della stazione gli disse dove si stava trovando.

Si fece servire un cognac doppio per cercare di smuovere qualcosa dentro di sé, poi si vergognò dello sguardo del cameriere, così bevve, pagò in fretta ed uscì dal locale. Quei timidi tentativi non avevano sortito alcun risultato, così lentamente si incamminò di nuovo verso la stazione ferroviaria.

Barcollò con evidenza mentre camminava quasi senza motivo, qualcuno lo spinse e poco mancò che non cadesse per terra; si accorse con terrore di aver lasciato al caffè il suo portafogli con il documento, tornò indietro di fretta, ma ormai non ricordava più neanche se poco prima era andato a destra oppure a sinistra. Gli venne quasi da ridere nel pieno marasma di cui era preda, poi raggiunse la sala d’attesa e si mise seduto.

Chiuse gli occhi fingendo di dormire, ma il frastuono delle persone che andavano e venivano proseguiva ininterrotto, così si alzò per andare lungo un marciapiede a fianco di un binario qualsiasi, e continuò a camminare su e giù fino a quando non arrivò il primo treno. Attese che si aprissero gli sportelli e con noncuranza si mescolò al gruppo delle persone che scendevano, andando con decisione assieme a loro fino all’uscita dalla stazione. In quel momento ricordò perfettamente ogni cosa, ed il suo malessere gli parve una cosa da sciocchi, una stupidaggine che poteva accadere, da non raccontare neppure.

Bruno Magnolfi

Nessun commento:

Posta un commento