domenica 1 agosto 2010

La nostalgia del forestiero


Da quando, vent’anni prima, erano morti i suoi genitori a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, lui non era più tornato fin lì. In fondo la sua vita si era sviluppata tutta altrove, non c’era più alcun significato a rivedere il paese della sua infanzia. Eppure, come tutte le cose rimaste a sopire coperte da altri interessi, una voglia incomprensibile di rivedere la sua terra d’origine, adesso che aveva più tempo libero e la sua vita era quasi a posto, aveva iniziato lentamente a montargli da dentro, fino a spingerlo al suo paese. Il viaggio in macchina era lungo, specialmente se lo si sopportava da soli, e lui si era fermato parecchie volte, come a fare tante piccole tappe nel suo graduale avvicinarsi. Infine, quando aveva affrontato le ultime curve prima di vedere le case del paese dove era nato ormai sessant’anni prima, gli era presa la voglia di rallentare, quasi di fermarsi e tornarsene indietro, tanto la paura di vedere con i suoi occhi qualcosa che non gli sarebbe piaciuto trovare era forte.

Per questo aveva accostato la macchina sul ciglio della strada, proprio vicino al cartello che indicava il centro abitato, e gli era quasi venuto da piangere, tanto i ricordi parevano adesso affollarsi nella sua mente. Poi si era spinto leggermente più avanti, aveva spento il motore parcheggiando la sua auto in maniera più stabile, e si era incamminato a piedi lungo la via principale, quasi deserta. Gli occhiali scuri che aveva indossato ed il tempo trascorso lo rendevano quasi del tutto irriconoscibile per i paesani che avrebbe potuto incontrare, ed i suoi modi, piuttosto che da passeggiata, erano adesso quelli di chi cerca frettolosamente qualcosa, o si aggira per le strade per qualche affare da portare a compimento, disinteressato degli abitanti.

Era così arrivato fino alla piazza, e aveva già notato parecchie cose diverse, pur riconoscendo quasi tutto anche sotto alle recenti ristrutturazioni delle facciate. Aveva notato così il vecchio bar ormai rimesso a nuovo, e dietro al bancone, soffermandosi un momento all’ingresso, aveva visto una persona che non conosceva. Così era entrato dentro superando la sua ritrosia, e aveva ordinato un caffè al cameriere che non conosceva togliendosi finalmente gli occhiali e guardandosi attorno con una calma maggiore. Fu allora che era entrato dentro al locale Costantino, un suo vecchio compagno di scuola. Lui era rimasto in silenzio, l’altro lo aveva guardato a sua volta senza dir niente, ma si era avvicinato con una calma quasi innaturale, poi nella sua stessa maniera aveva appoggiato i gomiti sopra al bancone, e infine aveva detto soltanto: finalmente, sono vent’anni che aspetto il piacere di farmi pagare un caffè da qualcuno che non sia di questo paese…

Bruno Magnolfi

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