mercoledì 27 ottobre 2010
(Profilo n. 1). L'uomo inutile
Oggi sono rimasto in casa, da solo, ed ho ascoltato i leggeri rumori che giungono spesso da fuori, attraverso i vetri delle finestre. Qualcuno poi si è messo ad urlare delle cose, giù nella strada. Altri hanno risposto con il medesimo tono, in malo modo, con voci sguaiate, e infine ho udito il mio nome gridato con rabbia, come un’offesa, o una brutta parola. Sono rimasto immobile, dietro la tenda, ho immaginato un complotto contro di me, contro ai miei stati d’animo, forse.
Ho guardato la mia casa in silenzio, i miei mobili, le pareti dipinte di bianco. In fondo il mio è un nome comune, ho pensato, quelle persone potevano riferirsi a chiunque, non necessariamente a chi magari neppure conoscono. In strada è tornato il silenzio, poco dopo, o almeno i rumori usuali del traffico e della gente che va avanti e indietro sui marciapiedi. Così dopo un po’ mi sono disinteressato di tutto, ho girato per casa cercando qualcosa, ho guardato sui mobili, dentro ai cassetti, fino a quando ho dimenticato del tutto di che cosa avevo bisogno.
Infine ho indossato il cappotto e sono uscito giù in strada per vedere se c’era ancora una traccia di quella discussione che avevo ascoltato da casa. Tutte le persone adesso parevano muoversi disinvolte, come sempre facevano: ho guardato la piazza giù in fondo, e sulle panchine ho intravisto in lontananza gli uomini anziani seduti, come ogni giorno.
Allora sono entrato dentro al negozio del salumiere, ho detto buongiorno, mi sono messo ad aspettare che giungesse il mio turno, dopo le due o tre persone prima di me. Tutto pareva ordinario, come qualsiasi altra mattina. Infine gli altri clienti sono usciti da quel negozio, uno per volta, ed io sono rimasto da solo col salumiere. Lui mi ha guardato, mi conosce di vista, mi ha chiesto di che cosa avevo bisogno, mentre continuava a sistemare qualcosa sul banco.
Ho risposto che avevo solo necessità di un pezzo di pane, lui è tornato per una frazione di tempo a guardarmi, ha preso una pagnotta dietro di sé, l’ha pesata e riposta dentro un sacchetto di carta. Ho chiesto, mentre tiravo fuori dei soldi, cosa fosse accaduto quella mattina, lì nella strada, si era sentito persone che urlavano, ho detto, forse qualcosa di grave, non so. Il salumiere ha scandito con voce usuale il prezzo del pane, poi si è inclinato in avanti, sopra al suo banco.
Ce l’avevano tutti con lei, stamattina, ha spiegato, qualcuno ha tentato persino di difenderla, ma ha avuto la peggio. Gli altri volevano correre su, a casa sua, per dirle ch erano stufi di sopportare una persona che non serve a un bel niente, un parassita che non si preoccupa degli altri, solo di sé, della sua intimità dietro ai suoi muri di casa. Hanno detto tutti che ormai è terminato il tempo in cui erano tollerate situazioni del genere, adesso, ha aggiunto più sottovoce, la vogliono vedere per strada, senza riparo, che affronta la vita come tutti noi altri, e prende anche lei una posizione precisa, a viso aperto, come è giusto che sia.
Ho pagato con titubanza quanto richiesto dal salumiere, l’ho salutato, sono uscito di nuovo sul marciapiede, e ho visto due uomini giovani, fermi, che mi hanno guardato. Non sarò mai come voi, ho detto quasi sbalordendomi; dentro di me alligna qualcosa di diverso, non mi interessa se dovrò pagare per questo, e non mi importa se devo lottare per mostrare a tutti chi sono. Poi ho subito pensato che stavo solo cedendo al loro stupido gioco, così ho raggiunto velocemente il portone di casa, sono rientrato, e mi sono sentito subito meglio.
Bruno Magnolfi
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