domenica 24 ottobre 2010
Nella corrente del fiume
Buongiorno, aveva detto l’uomo accovacciato sull’erba mentre passava il ragazzo. L’argine del piccolo fiume era sempre un invitante corridoio per le persone che in giornate solatie come quella andavano su e giù a passeggiare, chi fermandosi per fare due chiacchiere, chi a leggere seduto su una panchina qualche pagina di un libro. Quel giorno era freddo, non c’era quasi nessuno in giro, l’acqua del fiume scorreva leggera, in silenzio, in mezzo ai cespugli e alla vegetazione spontanea.
Il ragazzo era andato fino lì perché quel giorno non aveva nient’altro da fare, e si sentiva curioso delle persone che avrebbe potuto incontrare da quelle parti, in quel parco cittadino, così fu contento quando riconobbe quell’uomo, un amico di suo padre, almeno così gli sembrava, comunque una persona che aveva rivisto altre volte. Si soffermò giusto un momento, forse il tempo giusto per ricordarsi dove aveva già visto quell’espressione che aveva davanti, e l’uomo si alzò, gli rivolse un sorriso, gli disse, come per sciogliere i dubbi, che lui era un amico dei suoi genitori, e andava lì qualche volta tanto per trascorrere qualche pomeriggio che altrimenti appariva noioso.
Il ragazzo lo guardò sorridendo, attese che l’uomo si tirasse su in piedi, seguì con curiosità qualcosa che quello voleva fargli notare. C’è un piccolo branco di pesci, disse l’uomo, lì al centro del fiume, dove la corrente è appena più forte e la profondità è di pochi centimetri; stanno lì, sotto al pelo dell’acqua, e nuotano insieme con lentezza, controcorrente, di fatto restando fermi sul posto.
Ecco, mi piace venire fin qui a vedere quel branco di pesci, stanno lì, nuotano, eppure sono fermi, rimangono sempre in questo tratto di fiume, proprio come spesso facciamo anche noi, che a volte crediamo di fare chissà cosa, di avere nella testa chissà quali grandi pensieri, e neppure ci accorgiamo di essere fermi, immobili, mentre la vita va avanti, ci supera, ci lascia sempre più indietro.
Mi piace farti vedere questa piccola cosa, diceva ancora l’uomo al ragazzo, perché questa vita non sarà per nessuno infinita, e allora dovremo pur sentirsi appagati, prima o poi, di qualcosa che abbiamo fatto o che abbiamo cercato di fare. Perché ciò che conta non è il risultato, non è diventare famosi o lasciare a tutti un segno del nostro ingegno superiore a chiunque, bensì sentirsi contenti di quella piccola cosa per cui ci siamo impegnati, quell’idea in cui abbiamo sempre creduto, che abbiamo coltivato magari nel silenzio di un angolo, certe volte derisi da tutti, lasciati lì a formulare i nostri pensieri, come dei poveri pazzi, isolati.
Il ragazzo osservò l’uomo in silenzio, senza controbattere niente, lui si sentiva lontano da quei ragionamenti, aveva tutta la vita davanti prima di ritrovarsi con se stesso a fare quei conti. Io però ho una fortuna, disse ad un tratto, come per interrompere quell’argomento con un suo pensiero; vede, pur non essendo espansivo, restando a volte in disparte nei confronti degli altri, lasciando spesso che le cose vadano pure per proprio conto, però sono curioso, tutto mi attrae, e guardandomi attorno mi sono accorto che non è proprio da tutti. Non lo so quale sarà la mia vita, però oggi mi piace per esempio stare qui assieme a lei ad osservare quel branco di pesci, perché sento dentro di me che non sarò mai uno che nuota nella corrente giusto per sopravvivere, e anche se oggi mi piace guardarli, quei pesci, sono sicuro che farò di tutto per non essere mai come loro.
Bruno Magnolfi
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