mercoledì 29 dicembre 2010
Fuori e dentro l'anima.
Fuori da qui soprattutto ci sono le persone, individui che vagano, guardano, cercano di comprendere il punto esatto da cui si generano attimi capaci di allegria, di piacere, di completezza delle proprie cose, e si ritengono disposti a battagliare tra di loro, a calpestarsi, a distruggersi l’un l’altro pur di raggiungere al più presto possibile quei loro scopi. Certe volte li osservo, cerco di interpretare i loro movimenti, di comprendere quali siano i comportamenti che terranno da lì a poco; mi tengo alla larga, questo è sicuro, mi limito soltanto a tenere tutti sotto controllo, ad evitarli per quanto sia possibile, in modo da scongiurare la possibilità di ritrovarmi di fronte a dei problemi da risolvere, grattacapi dei quali non ho mai sentito alcuna necessità.
Dentro a questo involucro di cui conosco ogni frammento c’è il mio mondo; osservo le mie mani, le giro, ne piego con facilità le dita, so che con queste posso afferrare qualsiasi oggetto, in qualunque momento ne abbia voglia. Sulla superficie dei miei occhi il mondo non mi spaventa, so che nel profondo di me stesso le cose si muovono in modo equilibrato, senza sbavature, come se tutto fosse permeato di significati, incapace di contraddizioni. Esco di casa, giro per le strade, entro in un caffè, parlo con un cameriere, mi lascio servire un bicchierino di acquavite, mi sento a posto, in assoluta coerenza.
Fuori da qui la realtà sembra priva di controlli, tutto avviene senza una logica formale, in assenza di una legge superiore che ne registri le attività svolte in ogni situazione. Automobili guidate in malo modo sbandano paurosamente, alberi scheletrici piegano i propri rami appesantiti dalla pioggia, piccoli fiumi ingrossati dall’acqua escono dagli argini inondando campagne e abitazioni. Persone di ogni genere ed età, piangono e si lamentano per i danni e le calamità subite, altre chiedono un aiuto, un sostegno che spesso giunge in modo poco significativo, nell’attesa generalizzata che tutto ritorni alla svelta nel grande alveo della normalità.
Dentro, nella quiete di cui provo con insistenza la necessità, non c’è mai stata alcuna paura: vago ancora per le strade, osservo le difficoltà in cui tutti si muovono, e sento farsi spazio una superiorità della quale non intendo avvalermi, almeno per il momento: tutti gli altri sono individui sciocchi, spesso insignificanti, ne sono certo, che senso avrebbe impegnarsi a dimostrarlo?
Bruno Magnolfi
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