Che importa, in fondo, pensa Gabriele, non comprendere qualcosa di tutto ciò che è stato detto, magari soltanto perché qualcosa nell’insieme è stato espresso male, confusamente, con furbizia, proprio per non lasciare la possibilità di capire, almeno non del tutto. Non ha alcuna importanza, è sufficiente aver udito le parole, aver finto soddisfazione di quanto è stato riferito, come non ci fosse stata alcuna curiosità di andare a fondo in un argomento di quel genere. E il fatto poi che si trattasse di una materia così legata ai miei interessi, pensa ancora Gabriele, è un elemento di pura coincidenza, che alla fine importa ancora meno, visto che proseguo nel conservare le mie opinioni, non mi lascio certo confondere da queste argomentazioni quasi inutili.
Certo, capire le ragioni degli altri può essere importante, ma in fondo è facile modellare ogni pensiero a proprio piacimento, in modo da riuscire a far brillare sopra a tutti il punto di vista personale, le ragioni che si attagliano meglio ai propri tornaconti, i motivi principali sui quali si è imbastita l’esistenza propria. A chi importa cercare una logica più alta, un’obiettività che non ha senso, proprio perché persino troppo astratta, slegata da questa nostra vita?
La conferenza procede, Gabriele si alza, lentamente raggiunge il fondo della sala, esce dalla porta socchiusa. Ci sono alcuni in quell’ingresso che fumano qualche sigaretta, e intanto dicono qualcosa, ridono degli ultimi interventi, ma comprendono i motivi che hanno fatto dire con forza ai relatori soprattutto certe cose, evitando di metterne in luce certe altre. Così si deve fare, tutti pensano questo, non c’è altra possibilità. Lui osserva gli altri, consulta qualcosa su un suo taccuino, pensa che quella riunione sarà di nuovo inutile, o almeno servirà soltanto a stabilire che c’è accordo, che i punti vista sono chiari, la posizione di tutti è ormai stabilita.
Gabriele rientra nella sala, scorre lungo il corridoio, raggiunge la sua postazione. Tra poco si procederà alla votazione, dovrà premere il pulsante di destra o quello di sinistra, e lui sente di avere le idee ancora meno chiare dal momento in cui è arrivato. Ascolta gli ultimi intereventi, gli sembra che tutti proclamino ormai le stesse cose, usando quasi le medesime parole, il suo disagio è forte, sa che deve uscire da questa situazione, deve prendere una posizione chiara, anche se gli sembra sempre più lontana. Infine guarda il suo vicino: è serio, concentrato, scrive qualche appunto con tratti decisi, con gesti definiti. Va bene, non ci sono problemi, pensa Gabriele, e ormai ha deciso: voterà alla stessa maniera del suo vicino di postazione; torna ad osservarlo, gli pare retto, definito, e se è così convinto del proprio comportamento, pensa con forza, certamente può esserlo anche lui, proprio per le medesime ragioni.
Bruno Magnolfi
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