martedì 7 dicembre 2010
Separatismo di Clara.
Spesso si respirava una logica apparentemente irrazionale. Pareva che chiunque si potesse disinteressare dei fatti di primaria importanza, ma tutto avveniva per un atteggiamento che metteva in luce alla fine solo debolezza di carattere, nient’altro. Così si prendevano presto le distanze anche da questo, e si procedeva a interessarsi di qualche altra tematica. In genere ci si perdeva con facilità dietro a punti di vista perlopiù marginali, in cui si riusciva a far emergere elementi individuali di puro aspetto speculativo, come se l’importanza maggiore delle cose fosse rappresentata da quanto si riusciva a dedurre, e da nient’altro.
Comunque l’atteggiamento fondamentale era mostrare sicurezza di sé e rilassatezza. Ci si incontrava nei corridoi, discutendo di qualcosa, la maggior parte delle volte evitando perfino il saluto ordinario, etichettandolo come gesto inutile, privo di qualsiasi caratteristica. Poi, molte volte, ci si richiudeva dentro se stessi. Era come se all’improvviso tutto chiedesse una riflessione più forte e maggiormente significativa, ed ecco che tutti gli altri diventavano un impedimento, un ostacolo ai nostri più intimi pensieri.
Clara era sprofondata in una crisi profonda, anche se non riusciva a capirne il motivo. Non aveva più voglia di frequentare nessuno, stava bene unicamente con se stessa, gli amici erano assurdi, fuori da ogni sua riflessione. Si era provato a darle una mano, eravamo andati da lei, a parlarle, a darle conforto in qualche modo, ma lei era rimasta in silenzio, come si fosse tutti lontani chissà quanto. La sua amica di sempre le aveva chiesto qualcosa, ma lei aveva detto di no, non aveva bisogno di niente, oltre quella sua solitudine che pareva la cosa più importante di sé.
Così ci eravamo tutti disinteressati della sua vicenda, ci si ricordava di Clara solo qualche volta, mentre si parlava, ma solo per abitudine, o forse anche perché restava comunque una di noi. Avvennero parecchie cose in quel periodo, e in certi casi ci dispiaceva che lei non ci fosse, che non potesse capire insieme a tutti noi quanto stava effettivamente succedendo.
Poi la si rivide. Tornò a camminare lungo i corridoi, inizialmente da sola, infine avvicinata dagli altri, da noi tutti, per darle conforto, per cercare di capire quanto si fosse scostata da tutto il movimento. Lei non disse molto, rimase seria, preda delle sue angosce; chiarì soltanto che non sarebbe più tornata indietro, la sua strada la trascinava da altre parti, spiegò in fretta, lei aveva assolutamente capito questo, e noi così restammo in silenzio, non le chiedemmo altro, non la torturammo per comprendere di più, la lasciammo perdere, disinteressandoci delle sue scelte, e affidandola completamente al suo destino.
Bruno Magnolfi
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