venerdì 10 dicembre 2010
Ritratto di coppia.
Erano usciti di casa insieme, come spesso facevano la domenica mattina, una passeggiata a piedi nel quartiere, una breve sosta al caffè poco lontano, e una in edicola per il giornale, poi di nuovo verso casa, a prepararsi insieme e con cura il proprio pranzo. Camminavano stringendosi il braccio, come una coppia dei tempi passati, salutavano quasi all’unisono i conoscenti che a volte incontravano, e lasciavano alle spalle, nella mente di tutti, il pensiero che fossero una coppia bella e affiatata, distinta e impeccabile.
Tra loro non smettevano mai di parlare, e lo facevano senza grandi espressioni del viso. Lei diceva qualcosa su un loro vicino, sempre scorbutico e scostante, lui annuiva, trovandosi il più delle volte in accordo con quanto ascoltava. Poi lui si lamentava del suo lavoro che non gli procurava in quel periodo le soddisfazioni che aveva creduto, e allora lei gli dava sostegno, tagliando corto e dicendo che le cose sarebbero migliorate senz’altro. Le loro parole erano sempre dosate, sempre sull’orlo di fermarsi improvvisamente, per lasciar spazio a un saluto o ad una frase di circostanza per qualcuno, tanto i loro piccoli discorsi erano costantemente pacati, privi di qualsiasi discussione.
Quando rientravano a casa riponevano con garbo i soprabiti, si scambiavano ancora la propria opinione su qualcuno che avevano incontrato per strada o al caffè, e continuavano con metodo il loro tranquillo dipanare quel tempo della giornata. Certe volte, nel pomeriggio, andavano al cinema, scegliendo con cura la pellicola, informandosi bene sulle tematiche, e scorrendo qualche recensione sopra al giornale. Quando uscivano dalla sala era già sera, discorrevano del film a cui avevano assistito, e si scambiavano le proprie opinioni su un aspetto o sull’altro, riflettendo sui significati di ciò a cui avevano assistito.
Spesso trovavano a seguito tutto il tempo per un tè o per un aperitivo, così si fermavano nella saletta di un bar elegante, coi tavolini di legno lucido e sopra le tovagliette, un locale che in quelle occasioni amavano frequentare. A quell’ora certe volte incontravano altre coppie simili a loro, persone che conoscevano da molto tempo, così, ben volentieri, si fermavano a parlare e a scambiare con loro qualche opinione. In quei casi lui si accendeva una delle sue sigarette, godendosi appieno quel piccolo strappo alla norma e ridendo di gusto di qualche battuta che poteva uscir fuori in quella compagnia.
Per abitudine quasi mai rimanevano fuori per la cena nei giorni di festa, preferendo al contrario rientrare nel loro appartamento e rilassarsi con una tisana e della semplice frutta. La loro giornata si spegneva poco per volta, le loro parole alla sera si facevano ancora più esili, e al momento di andarsene a letto erano quasi un sussurro. La buonanotte immancabile che si auguravano prima di spengere le lampade sui comodini, era soltanto un piccolo suono, quasi l’ultima vibrazione di un carillon che si ferma, lasciando tutto sospeso.
Per molto tempo nessuno riuscì a credere a tutto quel sangue che lui aveva fatto spargere in casa con venti coltellate nel petto e alla gola di lei, prima di tagliarsi le vene. Eppure, in tutto il quartiere, chiunque si dovette fare una ragione di quanto era accaduto. Le cose a volte sono molto diverse da ciò che si crede, disse qualcuno; bisogna sempre mostrarsi dubbiosi, perché è inevitabile, la realtà ci raggira, non si è mai sicuri di niente.
Bruno Magnolfi
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